Autore: Wilkie Collins
Lingua: italiano
Genere: poliziesco / giallo / mystery
Prima pubblicazione: dal novembre 1859 all'agosto 1860
---
Non conoscevo Wilkie Collins fino a qualche anno fa, quando, in occasione dell'uscita della nuova edizione de
La donna in bianco, fu presentato come "
il padre del romanzo poliziesco".
Non sono un'appassionata del genere, ma mi piace curiosare, ed inoltre quel librone, con la sua mole di oltre 700 pagine, mi attirava non poco.
Si tratta di una storia raccontata in più parti, da diversi personaggi o, nel caso di Marian, direttamente dalle pagine del suo diario. Lo stesso autore ammise, infatti, di essere rimasto affascinato dalla modalità di ricostruzione dei fatti in tribunale, tramite le varie testimonianze, e di voler adottare la stessa tecnica in un proprio romanzo.
Figlio del suo tempo nello stile e nella trama,
La donna in bianco presenta la coppia di innamorati che non possono stare insieme, il matrimonio combinato e infelice, le sorelle unite e diversissime - per temperamento, carattere, aspetto fisico... e patrimonio -, aggiungendoci l'improbo straniero - italiano - e soprattutto la donna del titolo, il personaggio misterioso che sembra apparire e sparire come un fantasma e che, dalla sua primissima comparsa sulla scena, riesce ad avere un forte impatto sul lettore.
Il romanzo, nato come foulleitton, ovvero storia pubblicata a puntate per quasi un anno, svela la sua natura, oltre che nella trama, anche nelle descrizioni prolisse e nella dilatazione del tempo. Ciò, però, non lo rende pesante né lento. Personalmente, ho avuto qualche problema solo con la parte in cui si racconta dei maltrattamenti a cui viene sottoposta Laura dopo il matrimonio, in quanto l'ho trovata davvero angosciante.
I personaggi sono tutti molto ben caratterizzati. Paradossalmente proprio i protagonisti Walter e Laura sembrano avere meno smalto e mordente.
Probabilmente i personaggi che più colpiscono l'immaginario sono Marian, il conte Fosco e il signor Fairlie.
Quest'ultimo, zio di Laura, è mirabilmente descritto. Non compare che pochissime volte, ma l'autore riesce a farcelo imprimere nella mente: misantropo e ipocondriaco, credo di aver incontrato poche volte un personaggio tanto odioso.
Marian è invece una donna capace, intelligente e di buon senso, ma è bruttina, ha lineamenti mascolini, e soprattutto nessuna dote: una nullità, per la società vittoriana. Eppure, persino l'astuto conte Fosco subisce il suo fascino, incantato dal suo coraggio e dalla sua perspicacia. Marian è il personaggio che grida la critica alla società del proprio tempo, soprattutto al suo modo di trattare le donne.
Il conte Fosco è il malvagio "compare" del marito di Laura, la mente dietro tutte le malefatte di questi. Come suggerisce il nome, è un uomo italiano, molto particolare nell'aspetto fisico - così come l'espansivo Pesca, altro italiano della storia - e talmente ambiguo che mi sono spesso chiesta, dopo la sua apparizione, se si trattasse sul serio di un villain o se nascondesse qualche sorpresa.
In questo romanzo in cui il tema del doppio è così centrale, gli stessi Marian e Fosco potrebbero essere visti come immagini speculari, menti e anime affini, ma votate verso scopi del tutto opposti.
Dice di lei l'uomo:
“
Questa grandiosa creatura, che, forte, del suo amore e del suo coraggio, e ferma come una roccia, si staglia tra noi e la tua povera mogliettina, quella biondina inconsistente – questa donna magnifica, che ammiro con tutta l’anima, anche se devo combatterla nel tuo e nel mio interesse”.
E Marian di lui: “
Ha l’aria di un uomo che riuscirebbe a domare chiunque […] Ho quasi paura a confessarlo. Quell'uomo mi colpisce, mi attrae, è riuscito a sedurmi mio malgrado".
Non è una sorpresa, quindi, che personaggi tanto sfaccettati e una trama così peculiare abbiano incantato il pubblico di oltre un secolo fa, e che continuino ad affascinare anche i più moderni lettori. Sembra proprio che
La donna in bianco, una volta ri-scoperta, sia destinata a diventare un classico
--
La copertina: mi piace. Il dipinto scelto è piuttosto evocativo - benché creda che la povera Anne non sia mai vissuta nel lusso - e la grandezza, il font e la posizione di titolo e autore la rende molto elegante.
---
Trama: Quale terribile segreto nasconde la misteriosa figura femminile che si aggira di notte per le buie strade di Londra? Questo è solo il primo di una serie di intrighi, apparizioni e sparizioni, delitti e scambi di identità che compongono la trama de "La donna in bianco", tessuta con sapienza da Wilkie Collins. Nel 1860 Charles Dickens pubblicò il romanzo a puntate sulla sua rivista "All the Year Round" suscitando un grande interesse nel pubblico, che seguì per un intero anno le vicende della sventurata Anne Catherick e quelle degli altri personaggi, descritti con abilità psicologica, come l'impavida Marian Halcombe, il coraggioso Walter Hartright e l'affascinante quanto ambiguo conte Fosco. È passato un secolo e mezzo e le cose non sono cambiate. Anche il lettore moderno più smaliziato non può che rimanere piacevolmente intrappolato negli ingranaggi di questa macchina narrativa, che ha segnato per sempre la tradizione del mistery, facendo guadagnare al suo autore l'attributo di "padre del poliziesco moderno". Non c'è lunghezza che tenga: di un libro del genere si arriva sempre al fondo con rimpianto.
---
Giudizio personale: 4/5
---
Nel 1980 la RAI ha realizzato una miniserie in quattro episodi de
La donna in bianco, per la regia di Mario Morini.
Ho guardato solo la prima puntata, e la colonna sonora di Pino Massara mi è piaciuta tantissimo. Trattandosi di una produzione di ben 37 anni fa, le scene risultano piuttosto ben fatte. La storia comincia all'aprirsi del sipario di un teatro, in modo che i fondali dipinti risultino del tutto adatti, così come la recitazione degli attori, appunto piuttosto teatrale.
I personaggi purtroppo non ricalcano appieno quelli del romanzo: Mr Fairlie è meno odioso ed a tratti macchiettistico, e sembra che la sceneggiatura voglia suggerire che il suo servo lo tenga in pugno, spesso prendendo importanti decisioni al suo posto e contribuendo al suo isolamento.
Walter mi è sembrato piuttosto insopportabile; si rivolge spesso al pubblico per raccontare i fatti, ma mi è parso più duro e amareggiato che nel libro.
E se Micaela Esdra risulta convincente nel ruolo della donna in bianco, non mi è piaciuto in quello di Laura, che all'inizio della storia neppure parla, limitandosi ad annuire e sorridere come se non fosse nemmeno capace di pensare o esprimersi.
Eppure, la scena migliore di questo episodio la vede proprio protagonista, insieme a Paolo Bonacelli, che interpreta Percival Glyde. Questi, fino a quel momento ambiguo o comunque apparentemente al di sopra di ogni sospetto, rivela tutta la sua malvagità quando insiste a sposare Laura benché ella gli riveli di essere innamorata di un altro, e le prospetta compiaciuto tutti le "gioie" che saprà darle durante le notti del loro matrimonio.
Molto piacevole Anna Maria Gherardi nella sua interpretazione di Marian, che però,benché si riveli molto più intelligente di quanto non voglia sembrare, è comunque lontana dalla Marian di Collins.
L'episodio presenta molti punti morti e mi è risultato piuttosto pesante, quindi credo che per il momento non proseguirò la visione. La curiosità sulla resa del conte Fosco potrebbe però convincermi del contrario. Un giorno, forse...