sabato 17 settembre 2011

Grandi speranze

Autore: Charles Dickens
Titolo originale: Great expectations

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Non so perchè, a parte Canto di Natale, avessi sempre messo da parte Dickens.
Forse a causa di giudizi come quello di Carlo Fruttero -di cui comunque comprendo il senso-, autore della nota introduttiva dell'edizione Einaudi, che prima di affermare che Dickens è un grande scrittore, dice che "la sua opera ricorda uno di quegli incredibili monumenti vittoriani [...] solo che oggi il passante sa che si tratta di mostruosità, di relitti irrecuperabili...".
E dopo questa premessa sono stata ancora più piacevolmente colpita dal romanzo.
Ciò che inizialmente mi è piaciuto molto, è stato il modo di raccontare l'infanzia di Pip -il protagonista-. L'autore, infatti, è riuscito a calarsi nei panni di un bambino, a vedere il mondo con i suoi occhi, e a giudicare gli adulti guardandoli forzatamente "dal basso in alto", come succede appunto ai bambini.
E questo non è un dono che possiedono tutti gli scrittori, i quali a volte fanno esprimere i piccoli personaggi come persone adulte, o sono completamente avulsi dal mondo dell'infanzia.
Riguardo la storia, potremmo dire che Grandi speranze è il racconto della crescita, sociale e sentimentale, di Pip.
Una crescita che sarebbe stata lineare e tranquilla, se non si fossero intromesse, nella vita e nella mente del ragazzino, proprio le "grandi speranze" del titolo.
Grazie ad un benefattore sconosciuto, il piccolo Pip comincia a coltivare l'illusione di poter uscire dal suo villaggio, di avere una vita diversa da quella che aveva immaginato, e, ammettiamolo, di diventare migliore di tutte le persone che lo circondano, comprese quelle che ama di più.
E' così che il ragazzo si trasferisce a Londra -per altro in un quartiere non certo signorile-, dove però, in realtà, non fa nulla per costruirsi un futuro. Aiuta il suo amico col quale divide il piccolo appartamento a crearsi una professione, ma per sé non fa nulla.
Sono solo le grandi speranze a farlo andare avanti, l'assegno che riceve periodicamente, questo sogno che lo ha imprigionato e, secondo il mio parere, rovinato.

Pip non è un protagonista che si fa amare. Da bambino forse ha qualche possibilità, ma credo che nessuno possa in seguito perdonargli lo snobismo che gli deriva da qualcosa che gli è stato concesso gratuitamente -e, scopriremo in seguito, per gratitudine- ed il modo in cui tratta l'uomo che lo ha amorevolmente cresciuto, Joe. Pip infatti si sente davvero superiore a chiunque abbia popolato il suo passato, eppure non lo è abbastanza per il grande dolore della sua vita: Estella, di cui è innamorato da ragazzino.
E il lettore non può amare nemmeno lei, che ci viene presentata come una piccola dal cuore di pietra, educata per far soffrire gli uomini, e solo nell'ultimo capitolo del romanzo possiamo forse averne compassione, quando la vita vera l'ha "piegata e spezzata" e l'orgoglio e la fierezza sono scomparsi per far posto alla tristezza e alla dolcezza.
Autrice di questo "piccolo mostro" è forse il personaggio più estremizzato della storia, Miss Havisham, che indossa da quarant'anni l'abito da sposa che non la vide mai andare all'altare, e che vive in una casa dove tutto si è fermato e non entra più la luce.
E' a lei che Pip crede per anni di dovere la sua fortuna, e una delle più grandi delusioni del protagonista, è proprio quella di scoprire che deve tutto ad un uomo che disprezza e che ha popolato di incubi e sensi di colpa le sue notti di bambino.
Facciamo così la conoscenza di Magwitch, che in principio ci infastidisce, ma che poi riusciamo ad apprezzare, ed il cui ultimo sorriso è uno degli elementi commoventi del romanzo, alla fine del quale, per una casualità forse troppo forzata, tutti o quasi i personaggi risultano legati gli uni agli altri.

E così come avrebbe fatto l'orgoglio di Estella in seguito, così le grandi speranze di Pip si schiantano contro la vita vera, e tutti i suoi anni passati assumono un nuovo significato visti da una prospettiva differente.
E' il crollo di tutto, il crollo di un sogno che poggiava sul nulla, la fine dello snobismo e del rispetto reverenziale da parte dei suoi vecchi concittadini.

Alla fine del romanzo, la crescita del protagonista è compiuta, tutti i suoi errori acquistano visibilità ai suoi occhi, e Pip finalmente prende in mano la sua vita.
E' come se chiunque occupasse finalmente il proprio posto sullo scacchiere della vita: Pip ed Estella si sono liberati dalla loro presunzione; Joe ha finalmente una famiglia da amare e da cui è amato; Wemmick -uno dei miei personaggi preferiti- accresce la sua felicità domestica; l'avvocato Jaggers continua a difendere la malavita londinese circondato dalla sua aura di superiorità, mentre i due outsider della storia, Magwitch e Miss Havisham, lasciano che siano le altre pedine, a continuare la partita.

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Retrocopertina: Comparso a puntate tra il dicembre 1860 e l'agosto 1861 sulla rivista "All the Year Round", Grandi speranze ha per protagonista un ragazzo di modeste origini, Philip Pirrip, detto Pip, incarnazione di quella figura dell'orfano che ha una parte così rilevante in tutta la narrativa di Charles Dickens.
Maltrattato dalla sorella, costretto a dure giornate di lavoro nell'officina del cognato, Pip grazie all'aiuto di un misterioso benefattore riesce ad abbandonare il villaggio natio e a trasferirsi a Londra.
Il denaro che lo sconosciuto gli offre, insieme alle buone maniere che il ragazzo in breve tempo impara, lo introducono in una sfera sociale elevata, tuttavia le "grandi speranze" che Pip nutre saranno destinate a scontrarsi con nuove avversità.

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Giudizio personale: 4/5


martedì 13 settembre 2011

Orgoglio e pregiudizio - Citazioni

" E' verità universalmente riconosciuta che uno scapolo largamente provvisto di beni di fortuna debba sentire il bisogno di ammogliarsi.
Per quanto poco si conoscano, di costui, i sentimenti e le intenzioni, fin dal suo primo apparire nelle vicinanze, questa verità si trova così radicata nelle teste delle famiglie circostanti che queste lo considerano senz'altro come la legittima proprietà dell'una o l'altra delle loro figliuole".


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" Se io volessi giudicare malamente i figli di qualcuno, non sarebbero mai i miei ".
(La signora Bennet al signor Bennet)

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" La felicità nel matrimonio è tutta questione di fortuna ".
(Charlotte Lucas a Elizabeth Bennet)

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" Ti sta davanti, Elizabeth, una brutta alternativa. Da oggi in poi diventi un'estranea per uno dei tuoi genitori; se non sposi il signor Collins, tua madre non ti vuol più vedere, e se lo sposi, sono io che non ti vorrò vedere più ".
(Il signor Bennet alla figlia Elizabeth)

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" Più conosco il mondo, più ne sono scontenta... ".
(Elizabeth Bennet alla sorella Jane)

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" Non devi, per amore di una persona sola, cambiare il significato universale delle cose... ".
(Elizabeth a Jane)

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" Vi sono abbastanza ufficiali per far rimaner male tutte le ragazze del paese ".
(Il signor Bennet a Elizabeth)

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" Sono ancora troppo inesperte delle cose di questo mondo e non sono ancora arrivate alla umiliante convinzione che i bei giovani devono avere di che vivere come i brutti ".
(Elizabeth alla zia Gardiner)

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" Li stette a sentire su per giù con lo stesso piacere con cui ascoltava il rumore della carrozza ".


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" Più si cerca d'intimidirmi e più ho coraggio ".
(Elizabeth al signor Darcy)

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" Le mie dita [...] non corrono sulla tastiera con la maestria che hanno molte, non hanno quella forza e agilità e non rendono lo stesso effetto, ma ho sempre immaginato che fosse per colpa mia, perchè non mi sono data la pena di studiare. Non è che creda le mie dita incapaci di un'esecuzione migliore ".
(Elizabeth a Darcy)


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" Ho lottato invano. Non ci riesco. Non posso reprimere il mio sentimento. Deve permettermi di dirle con quanta passione la ammiro e la amo ".
(Darcy a Elizabeth)

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" -E' una pura fortuna- pensava -che mi resti qualcosa da  desiderare-".
(Elizabeth)

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" I suoi pensieri erano tutti tesi a quel punto di casa Pemberley, qualunque fosse, dove in quel momento doveva essere il signor Darcy ".


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" Si aspettava da un momento all'altro di veder entrare alcuni dei signori e tra questi desiderava e temeva che fosse il padrone di casa, senza riuscire a definire se fosse maggiore il desiderio o il timore  ".


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" ...mai aveva sentito così chiaramente di poterlo amare, come ora che tutto l'amore era vano ".


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" Conficcato in lei il più acuto dei tormenti, il rimorso... ".


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" Ci sarà sempre tempo per sperare qualche cosa ".
(Elizabeth)

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" Eccoli confinati, per tutta la sera, a due tavolini diversi, senza altra speranza che quella che gli occhi di lui si rivolgessero nella sua direzione con tanta frequenza da farlo perdere al gioco quanto perdeva essa ".


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" ...del passato interessa solo quello che, a rammentarlo, dà piacere".
(Elizabeth)






domenica 4 settembre 2011

L'ombra cinese

Autore: Georges Simenon
Titolo originale: L'ombre chinoise

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Stampato nel 1932, L'ombra cinese si rivela molto più piacevole del primo romanzo avente come protagonista Maigret, ovvero La prima inchiesta di Maigret.
Questa volta il commissario deve occuparsi dell'assassinio di un uomo ucciso in un laboratorio che comunica con un palazzo.
L'elemento più degno di nota è proprio il microcosmo costituito dalla palazzina, con una interessante galleria di personaggi: un ex-ambasciatore e la moglie; una vecchia pazza che urla non appena la sorella la lascia sola  per origliare alle porte dei vicini; la signora Martin, prima moglie dell'assassinato, piena d'odio e di rancore sia verso il primo marito che verso il secondo, un rassegnato, trasandato e a tratti commovente signor Martin.

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Retrocopertina: Le dieci di sera. I cancelli del giardino al centro di place des Vosges erano chiusi; la piazza era deserta: solo le tracce lucide lasciate dalle macchine sull'asfalto e il canto ininterrotto delle fontane, gli alberi senza foglie e la linea monotona dei tetti che si stagliavano uniformi contro il cielo. Sotto i magnifici portici che cingono la piazza non più di tre o quattro negozi avevano ancora le vetrine illuminate. In uno di essi il commissario Maigret vide una famiglia seduta in mezzo a una gran quantità di corone mortuarie di perle finte.
Aveva appena oltrepassato il negozio di corone e stava cercando di leggere i numeri sopra le porte quando una figura minuta uscì dall'ombra.
"E' con lei che ho parlato al telefono poco fa?". Doveva essere un bel pezzo che stava lì ad aspettarlo. Malgrado il freddo di novembre, non si era nemmeno infilata un cappotto sopra il grembiule. Aveva il naso rosso e lo sguardo ansioso.

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Giudizio personale: 4/5