domenica 26 giugno 2011

Washington Square


Autore: Henry James
Titolo originale: Washington Square

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Fratello maggiore per età e minore per estensione di Ritratto di signora, Washington Square è la storia di un inganno perpetrato ai danni di una ereditiera da un cacciatore di dote.
La storia potrebbe sembrare banale, eppure James ne fa un capolavoro da cui è difficile staccarsi.
Egli ci rende spettatori di un dramma; un dramma di cui conosciamo già la fine, ma a cui dobbiamo assistere impotenti.
Sul palcoscenico spicca la figura della protagonista, Catherine Sloper, un ragazza timida, senza pretese, cresciuta all'ombra dei ricordi lasciati dalla madre morta; una ragazza che potrebbe essere brillante e arguta, se solo ci si desse la briga di conoscerla, e che soprattutto adora -non ricambiata- suo padre.
Prima figura di contorno è proprio il famoso, stimatissimo dottor Sloper, che ha perso le uniche cose che valessero per lui: la moglie e un figlio maschio che avrebbe potuto seguirlo nella professione. Catherine rappresenta per questo padre osannato solo un'ombra scialba, una donna senza alcuna attrattiva fuorché l'eredità, che non merita di essere amata e che non lo sarà mai. La sua figura risulta così anche più crudele di quella di Morris Townsend, il cacciatore di dote, che corteggia Catherine e la fa innamorare. Paradossalmente, infatti, Morris appare quasi sincero nel suo inganno, che infatti è chiaro a tutti tranne che a Catherine, mentre il dottor Sloper si nutre dell'amore della figlia senza dare mai nulla in cambio, ed è orribilmente divertito quando la ragazza si rende conto di essere stata ingannata e soffre enormemente.
Altra figura indispensabile al dramma è la zia di Catherine, Lavinia Penniman, assetata di romanticismo, che quasi vive al di fuori della realtà, in un mondo fatto di corteggiamenti, lettere e fughe d'amore, e che per la sua stessa indole finisce per essere una strenua sostenitrice di Morris, l'unico capace di rendere infinita la storia d'un amore fasullo e interessato, ma nella quale lei riesce a sentirsi indispensabile e pienamente partecipe.
Benchè tutti i personaggi risultino, alla fine, vittime nel proprio mondo, l'unica a cui può andare la nostra compassione è solo Catherine, a cui non è stato nemmeno permesso di godere di un amore insincero.
Molto bello il finale, con una Catherine finalmente in pace col mondo e non abbruttita da ciò che la vita le ha negato.

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Retrocopertina: Catherine Sloper, figlia non bella di un ricco e affermato medico di New York, ama e crede di essere amata dall'attraente avventuriero Morris Townsend, per poi scoprire che lui aveva mirato solo al suo denaro e alla sua eredità: la storia, abbastanza scontata e mille volte narrata di un cacciatore di dote, si trasforma nella drammatica immagine di un inganno e di un'illusione, di cui Catherine è tragicamente vittima. Washington Square prelude al periodo culminante dell'arte di James, incentrato sul tema del denaro e su quello della rinuncia.
Il denaro, infatti, mostra già in questo romanzo tutta la sua forza distruttiva e fatale, la sua capacità di corrompere l'armonia del mondo (come quella della piazza newyorkese che dà il titolo al romanzo e in cui James aveva dimorato con la famiglia), di far esplodere le qualità negative che albergano nell'uomo. Ma quest'opera è anche uno dei primi esempi - il più tangibile - del passaggio da un realismo della vita esterna a quel realismo della coscienza che è il grande contributo di James alla narrativa moderna.

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Giudizio personale: 4/5

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E' del 1949 il film L'ereditiera, tratto dal romanzo.
Olivia de Havilland è una splendida Catherine, magnifica nel farci intravedere quanto avrebbe potuto essere ironico e vivace il personaggio, ed immensamente commovente e intensa nel portare in scena il dramma della disillusione dell'amore non solo romantico, ma anche di quello paterno.
Montgomery Clift è l'avventuriero Morris, mentre Ralph Richardson interpreta il dottor Sloper e Miriam Hopkins la zia Penniman.

Il film è piuttosto aderente al testo, tranne che nel finale, nel quale Catherine - "Caterina" nella versione italiana - cambia a causa di ciò che le è successo, e da dolce e ingenua ragazza si trasforma in una donna capace di ripagare chi le ha fatto del male con la stessa moneta.

I protagonisti, Olivia de Havilland e Montgomery Clift.
Per l'interpretazione di Catherine, la Havilland ricevette il Premio Oscar nel 1950.


Di seguito, alcune scene del film:



Nella scena seguente, il dottor Sloper afferma crudelmente ciò che per lui costituisce la verità, e cioè che Caterina non ha la minima attrattiva, nè bellezza, nè brio, nè vivacità, e che l'unica cosa che può fare in modo che un uomo si avvicini a lei è la sua eredità:

Nella prossima scena, Caterina si prepara a scappare con Morris, ma le parole della zia Penniman le fanno capire che l'uomo non arriverà, in quanto una fuga farebbe perdere alla giovane l'eredità del padre. Per Caterina è la seconda, amara delusione dopo quella ricevuta dal genitore:

La scena seguente è una delle più significative: in essa Caterina rinfaccia al padre di non averla mai amata e di non aver voluto tenere lontano Morris per proteggerla, ma solo perchè la disprezza e pensa che qualsiasi uomo si annoierà, accanto a lei; gli dice inoltre che, dato che lui non la ama, avrebbe almeno dovuto lasciare che qualcun altro tentasse..
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mercoledì 8 giugno 2011

Dieci piccoli indiani

Autrice: Agatha Christie
Titolo originale: Ten little niggers

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Romanzo interessante ed originale, Dieci piccoli indiani.
Dieci persone sono attirate con l'inganno su una piccola isola, Nigger Island, che diventerà la loro prigione e il tribunale in cui saranno giudicati per i delitti che hanno compiuto, per i quali la legge non ha potuto fare giustizia.
Ma chi è il misterioso " signor Owen", regista e spettatore dell'orrore, nonchè seminatore di morte, se la casa di Nigger Island è isolata e non c'è nessun posto in cui potrebbe nascondersi, se non proprio nei panni di uno degli ospiti?

Inizia così una caccia all'assassino che finisce col coinvolgere anche il lettore, il quale si ritrova a passare in rassegna ogni personaggio.
La cosa è interessante soprattutto perchè nessuno è al di sopra delle parti, infatti, nel romanzo, a differenza di quasi ogni giallo, è assente la figura dell'investigatore o comunque dell'uomo o della donna che indagano allo scopo di svelare il mistero (e che, a mio parere, finiscono col risultare poco simpatici a causa della loro "onniscienza" e delle intuizioni geniali riservate solo a loro).

Il romanzo, come scrive Falzon nella prefazione, è un esempio dello stile country gothic dell'autrice, la quale, infatti, non ambienta la vicenda in un tetro castello con stanze e passaggi segreti, ma in una modernissima casa, in "un'atmosfera apparentemente placida ed idilliaca" - il mare, la tranquillità, gli agi - che poi "si rivela soffocante e micidiale".

Solo nell'epilogo si scoprirà l'identità dell'assassino, il quale si descrive come una persona che prova piacere nel vedere o provocare la morte, ma con un forte senso della giustizia (e qui il paragone con Dexter, personaggio telefilmico protagonista dell'omonimo show, è stato subitaneo).

"Spina dorsale" del romanzo, è una filastrocca per bambini, nella quale sono descritti i dieci modi in cui periranno gli sfortunati ospiti della casa, e che contribuisce a creare la suspense (chi sarà quello che "rimarrà indietro", o quello che sarà "infranto a mezzo"?) e dà un ulteriore tocco inquietante all'opera.


Una curiosità sul titolo: quello originale è Ten little niggers, cioè "Dieci piccoli negretti". Di negretti infatti parla la filastrocca; le statuine di porcellana che spariscono in relazione alle morti degli ospiti raffigurano negretti, e la stessa isola teatro della vicenda si chiama "Nigger Island", cioè "Isola negra".
All'epoca della prima edizione americana, però -ricordiamo che l'autrice è britannica- la parola nigger era considerata spregiativa, così si preferì adottare come titolo la frase finale della filastrocca: and then were none ("... e poi non rimase nessuno", indicato come sottotitolo all'interno dell'edizione italiana).
Questa soluzione però non piacque, e la successiva edizione fu intitolata Ten little indians, tradotto in Italia come Dieci piccoli indiani.
Ora mi chiedo, se "Dieci piccoli negretti" poteva suonare politicamente scorretto, non è altrettanto scorretto "Dieci piccoli indiani", visto lo sfortunato destino dei nativi americani a seguito della colonizzazione da parte dei bianchi? Probabilmente nel 1940 si pensava che il numero degli indiani che comprassero libri fosse nettamente minore di quello delle persone di colore...

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Quarta di copertina: Una casa misteriosa su un'isola deserta, lontana dal resto del mondo. Dieci persone che non si sono mai conosciute prima, tutte accomunate da un inquietante passato, riunite sotto lo stesso tetto da una serie inspiegabile di inviti. Un'assurda filastrocca per bambini
che ritorna ossessivamente, scandendo in maniera implacabile, come in un incubo dal quale è impossibile sfuggire, una serie spaventosa di omicidi. Un romanzo originalissimo, nel quale ciascuno dei protagonisti ricopre, contemporaneamente, il ruolo di investigatore, sospetto e probabile vittima.
Pubblicato per la prima volta nel 1939, e in seguito stampato e ristampato in tutto il mondo, Dieci piccoli indiani rappresenta, ancora oggi, uno dei massimi esempi di "giallo classico".

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Giudizio personale: 4/5

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La filastrocca:

Dieci poveri negretti
se ne andarono a mangiar:
uno fece indigestione,
solo nove ne restar.

Nove poveri negretti
fino a notte alta vegliar:
uno cadde addormentato,
otto soli ne restar.

Otto poveri negretti
se ne vanno a passeggiar:
uno, ahimè, è rimasto indietro,
solo sette ne restar.

Sette poveri negretti
legna andarono a spaccar:
un di lor s'infranse a mezzo,
e sei soli ne restar.

I sei poveri negretti
giocan con un alvear:
da una vespa uno fu punto,
solo cinque ne restar.

Cinque poveri negretti
un giudizio han da sbrigar:
un lo ferma il tribunale,
quattro soli ne restar.

Quattro poveri negretti
salpan verso l'alto mar:
uno un granchio se lo prende,
e tre soli ne restar.

I tre poveri negretti
allo zoo vollero andar:
uno l'orso ne abbrancò,
e due soli ne restar.

I due poveri negretti
stanno al sole per un pò:
un si fuse come cera
e uno solo ne restò.

Solo, il povero negretto
in un bosco se ne andò:
ad un pino s'impiccò,
e nessuno ne restò.

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Dieci piccoli indiani (titolo originale: And then there were none) del 1945 è la prima trasposizione cinematografica del famoso romanzo di Agatha Christie.


E' davvero un ottimo film, con attori bravissimi, che non annoia nemmeno per un attimo.
Tutta l'azione di svolge all'interno della casa e nelle sue immediate vicinanze, ossia la spiaggia e la legnaia; i personaggi non possono scappare dall'isola sulla quale sorge la villa, e la tensione cresce a mano a mano che gli omicidi continuano e le statuine dei dieci piccoli indiani diminuiscono.


La pellicola è molto aderente al romanzo, ad eccezione del finale, lo stesso che Agatha Christie riscrisse per la trasposizione teatrale della storia, e che permette una sorta di "lieto fine"; nonostante ciò, mi piace molto meno rispetto a quello del libro.





Tra glia attori, ho preferito Barry Fitzgerald nel ruolo del Giudice Quincannon, e Judith Anderson in quello di Miss Brent.