Autrice: Sharon Carter Rogers
Titolo originale: Drift
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Sharon Carter Rogers è lo pseudonimo di una scrittrice/scrittore, o forse anche di un gruppo di scrittrici, il cui romanzo Drift, in italiano Baby Doll, è stato premiato con l'International Book Award for Religious fiction nel 2010.
I protagonisti della storia, infatti, si pongono spesso delle domande su Dio, credono che lui li abbia dimenticati, e sperano che li ritrovi.
Ciò però non significa assolutamente che questo sia un romanzo religioso o riservato alla fetta di pubblico che crede in Dio. Si parla molto di solitudine, del senso della vita, di come la presenza di una persona possa condizionare l'esistenza di un'altra.
Il "Drifter" della storia, ovvero Boy, è un'anima errante, una creatura in carne ed ossa che però non può morire, e che può essere vista solo da una persona, con la quale instaura un "legame" dalla durata incerta ed imprevedibile. Tale legame, infatti, si spezza quando l'anima errante incontra un'altra persona che riesce a vederla; il legame precedente dimentica -o almeno dovrebbe- il drifter con cui ha passato mesi od anni, ed anche l'anima errante è destinata a dimenticare le persone con le quali si è legato, perdendo così, ogni volta, insieme ai ricordi, parte di se stessa.
La persona a cui si lega Boy all'inizio della storia è Baby Doll, una ragazza cresciuta con un pericoloso boss del crimine, il quale ha sempre rifiutato di rivelarle il suo vero nome, rubandole in questo modo l'identità ed il passato.
Baby Doll e Boy si sentono entrambi persi, senza scopo; l'anima errante è convinta che Dio l'abbia dimenticata dopo averla creata, che la sua esistenza sia inutile, e si tiene aggrappata ai pochi ricordi che riesce a serbare dell'unica persona che abbia amato nel corso delle sue innumerevoli vite dimenticate.
Insieme a Baby Doll riesce però a comprendere il senso del suo essere al mondo, diventa finalmente Deus ex machina, così come la ragazza, senza saperlo, lo è stata per lui.
Il romanzo è molto ben scritto; mi piace che alcuni capitoli siano raccontati dal narratore ed altri, invece, dal personaggio di Boy.
La storia è molto carina; le citazioni in latino e quelle di Solazio il Minore evidenziano gli avvenimenti più importanti, o gli interrogativi che si pongono i protagonisti; i ricordi di Boy sono tratteggiati con eleganza, mai inopportuni.
Il finale è commovente, inaspettato.
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Trama: I Drifters sono un nuovo tipo di creature sovrannaturali, simili ad angeli custodi, che si legano psichicamente ad alcuni esseri umani. Sebbene dotati di un corpo fisico, solo una persona sulla Terra ha la capacità di vederli e percepirli. Uno di loro sta aspettando raggomitolato sulla tomba del suo ultimo compagno umano, ma non è libero di muoversi fino a quando non passerà qualcuno in grado di vederlo. Baby Doll, la figlia adottiva di uno spietato boss, è invece al cimitero per i funerali del suo patrigno, circondata da poliziotti e guardie del corpo. Quando il Drifter e Baby Doll si incontrano, qualcosa scatta tra loro, qualcosa di inspiegabilmente intimo e indissolubile. Stretti nella morsa del pericolo, il Drifter e la sua compagna umana lottano per capire il mondo che li circonda e la propria natura. Mentre Baby Doll non ha alcuna idea di chi siano i suoi veri genitori, perché ha speso tutta la vita come un essere virtuale in cattività, adattandosi al mondo, il Drifter è confuso circa la sua identità e il ruolo che riveste nella vita della donna. I dubbi e i dilemmi che dovranno affrontare li porteranno a scoprire che non tutto di quanto si è perso non può essere ritrovato...
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Giudizio personale: 4/5
sabato 15 settembre 2012
mercoledì 12 settembre 2012
Morte di un fotografo - Citazioni
" ...la scoperta che la sicurezza è un inferno tutto speciale ".
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" Una menzogna fa nascere il sospetto, due lo confermano ".
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" ...il momento giusto non è qualcosa che si sceglie, ma qualcosa in cui si inciampa... ".
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" E se continui a odiare ciò che hai, finirai per non avere più nulla ".
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" ...maledissi il mio stomaco traboccante di bile. Se fosse stato normale, a quel punto sarei stato un suicida felice ".
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" L'arroganza spesso maschera la disperazione ".
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" La paura permea di sé ogni istante della nostra vita cosciente ".
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" La gente comincerà a dirti quanto sei importante, e tu ti convincerai di esserlo ".
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" Forse perché l'unica destinazione, quando sei in viaggio, è casa tua".
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Qui la scheda del libro
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" Una menzogna fa nascere il sospetto, due lo confermano ".
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" ...il momento giusto non è qualcosa che si sceglie, ma qualcosa in cui si inciampa... ".
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" E se continui a odiare ciò che hai, finirai per non avere più nulla ".
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" ...maledissi il mio stomaco traboccante di bile. Se fosse stato normale, a quel punto sarei stato un suicida felice ".
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" L'arroganza spesso maschera la disperazione ".
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" La paura permea di sé ogni istante della nostra vita cosciente ".
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" La gente comincerà a dirti quanto sei importante, e tu ti convincerai di esserlo ".
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" Forse perché l'unica destinazione, quando sei in viaggio, è casa tua".
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Qui la scheda del libro
lunedì 10 settembre 2012
Vicino, sempre più vicino
Autrice: Jennifer Weiner
Titolo originale: Fly away home
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Ammetto che non avrei scommesso un centesimo su questo libro (e per il titolo, e per la trama), e di averlo cominciato solo perché "in astinenza" da lettura, ed invece l'ho apprezzato davvero molto.
Lo stile è piacevole, la scrittrice sa viaggiare tra passato, presente ed aneddoti con eleganza, e la storia non risulta mai noiosa.
Protagoniste sono tre donne, Sylvie, la madre, e Diana e Lizzie, le figlie, tre donne molto diverse tra loro e le cui scelte consapevoli e sbagliate hanno pregiudicato la loro felicità e condizionato la vita delle altre.
Sylvie ha trascurato le proprie figlie per dedicarsi completamente ai bisogni e alla carriera politica del marito, ma il suo mondo crolla quando l'uomo viene coinvolto in uno scandalo sessuale, e lei si ritrova, a quasi sessant'anni, a fare i conti con la propria vita ed a desiderare che cambi.
Trasferitasi in una vecchia casa sulla spiaggia, comincia a dedicarsi alla cucina e alle figlie, mettendo finalmente da parte l'agenda fitta di impegni, le cene di beneficenza, i sorrisi a ogni costo, la lotta contro i chili di troppo e i tailleur costosi.
Diana, la figlia maggiore, è un medico del pronto soccorso che lavora troppo e che ha combinato il proprio matrimonio, sposando un uomo che non amava affinché l'amore non la trasformasse in un'ombra del suo uomo, come accaduto con sua madre. Si ritrova però a trent'anni a vivere una vita infelice, con un bambino adorabile ma prigioniero delle sue proibizioni, un marito sgradevole ed un amante venticinquenne.
La figlia minore, invece, Lizzie, è appena uscita da una comunità di recupero, in cui era entrata per disintossicarsi dalle droghe di cui faceva uso fin dai tredici anni, probabilmente per una brutta storia della sua infanzia, o per far fronte alla trascuratezza dei genitori e ai successi della sorella.
Si tratta di personaggi estremamente umani, raccontati benissimo, e ciò non riguarda solo le protagoniste, ma anche coloro che le circondano: Gary, il marito di Diana; il piccolo Milo; la nonna Selma; il vecchio amico Tim; Richard, il marito di Sylvie.
La scrittrice ci permette di sbirciare nel loro passato, nei loro sentimenti e pensieri, grazie ai quali sembra quasi di poterli toccare.
E' chiaro l'affacciarsi alla "vita vera" di Sylvie, quando, ad esempio, messo piede in un negozio dopo anni di ordinazioni on-line, si chiede da quanto tempo il prezzo del latte sia diventato così alto; o il mutamento di Diana, che permette alle lacrime di scorrere sul suo volto dopo anni di freddezza e cinismo.
Vicino, sempre più vicino (davvero brutto come titolo) è un libro appassionante, che fa riflettere e può commuovere, e che ci ricorda che la vita ha mille possibilità, e sta solo a noi cercare di coglierle.
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Retro copertina: Quando Sylvie ha incontrato Richard alla facoltà di legge di Yale era una brillante studentessa, i riccioli selvaggi a coprire la fronte e una marea di sogni da realizzare. anni dopo, la sua vita è molto diversa da come l'aveva immaginata. Ha sposato Richard, l'attuale senatore dello stato di New York, e invece di diventare la regina del foro ha imparato a organizzare raffinate cene di beneficenza e a sorridere in ogni circostanza, anche durante gli interminabili tè con le altre first lady. I riccioli sono scomparsi e le gonne etniche sono state rimpiazzate da eleganti tailleur su misura. Sua figlia Lizzie ha ventiquattro anni ed è appena uscita da una comunità di recupero. E' la pecora nera della famiglia, soprattutto se paragonata alla sorella maggiore, l'impeccabile Diana: chirurgo brillante, moglie perfetta, madre presente. Le vite di Sylvie, Lizzie e Diana sembrano correre su binari paralleli, ma un giorno sono costrette a incrociarsi a causa di una notizia riportata su tutti i giornali: Richard, padre amorevole e marito devoto, è stato beccato in atteggiamento inequivocabile con una giovane, anzi giovanissima, ragazza. Sylvie, che a quell'uomo ha dedicato tutta la sua vita, si sente persa. E la stessa cosa accade alle sue figlie che in quel padre vedevano una sorta di cavaliere senza macchia. Insieme decidono di fuggire da New York, dall'uomo che le ha deluse e dai curiosi che continuano a intromettersi nella loro vita privata, e tornano nella vecchia casa in Connecticut, quella in cui non mettono piede da anni, ma in cui un tempo sono state felici. Tra quelle pareti familiari e accoglienti riusciranno ad avvicinarsi come non avevano mai fatto prima.
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Giudizio personale: 5/5
Titolo originale: Fly away home
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Ammetto che non avrei scommesso un centesimo su questo libro (e per il titolo, e per la trama), e di averlo cominciato solo perché "in astinenza" da lettura, ed invece l'ho apprezzato davvero molto.
Lo stile è piacevole, la scrittrice sa viaggiare tra passato, presente ed aneddoti con eleganza, e la storia non risulta mai noiosa.
Protagoniste sono tre donne, Sylvie, la madre, e Diana e Lizzie, le figlie, tre donne molto diverse tra loro e le cui scelte consapevoli e sbagliate hanno pregiudicato la loro felicità e condizionato la vita delle altre.
Sylvie ha trascurato le proprie figlie per dedicarsi completamente ai bisogni e alla carriera politica del marito, ma il suo mondo crolla quando l'uomo viene coinvolto in uno scandalo sessuale, e lei si ritrova, a quasi sessant'anni, a fare i conti con la propria vita ed a desiderare che cambi.
Trasferitasi in una vecchia casa sulla spiaggia, comincia a dedicarsi alla cucina e alle figlie, mettendo finalmente da parte l'agenda fitta di impegni, le cene di beneficenza, i sorrisi a ogni costo, la lotta contro i chili di troppo e i tailleur costosi.
Diana, la figlia maggiore, è un medico del pronto soccorso che lavora troppo e che ha combinato il proprio matrimonio, sposando un uomo che non amava affinché l'amore non la trasformasse in un'ombra del suo uomo, come accaduto con sua madre. Si ritrova però a trent'anni a vivere una vita infelice, con un bambino adorabile ma prigioniero delle sue proibizioni, un marito sgradevole ed un amante venticinquenne.
La figlia minore, invece, Lizzie, è appena uscita da una comunità di recupero, in cui era entrata per disintossicarsi dalle droghe di cui faceva uso fin dai tredici anni, probabilmente per una brutta storia della sua infanzia, o per far fronte alla trascuratezza dei genitori e ai successi della sorella.
Si tratta di personaggi estremamente umani, raccontati benissimo, e ciò non riguarda solo le protagoniste, ma anche coloro che le circondano: Gary, il marito di Diana; il piccolo Milo; la nonna Selma; il vecchio amico Tim; Richard, il marito di Sylvie.
La scrittrice ci permette di sbirciare nel loro passato, nei loro sentimenti e pensieri, grazie ai quali sembra quasi di poterli toccare.
E' chiaro l'affacciarsi alla "vita vera" di Sylvie, quando, ad esempio, messo piede in un negozio dopo anni di ordinazioni on-line, si chiede da quanto tempo il prezzo del latte sia diventato così alto; o il mutamento di Diana, che permette alle lacrime di scorrere sul suo volto dopo anni di freddezza e cinismo.
Vicino, sempre più vicino (davvero brutto come titolo) è un libro appassionante, che fa riflettere e può commuovere, e che ci ricorda che la vita ha mille possibilità, e sta solo a noi cercare di coglierle.
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Retro copertina: Quando Sylvie ha incontrato Richard alla facoltà di legge di Yale era una brillante studentessa, i riccioli selvaggi a coprire la fronte e una marea di sogni da realizzare. anni dopo, la sua vita è molto diversa da come l'aveva immaginata. Ha sposato Richard, l'attuale senatore dello stato di New York, e invece di diventare la regina del foro ha imparato a organizzare raffinate cene di beneficenza e a sorridere in ogni circostanza, anche durante gli interminabili tè con le altre first lady. I riccioli sono scomparsi e le gonne etniche sono state rimpiazzate da eleganti tailleur su misura. Sua figlia Lizzie ha ventiquattro anni ed è appena uscita da una comunità di recupero. E' la pecora nera della famiglia, soprattutto se paragonata alla sorella maggiore, l'impeccabile Diana: chirurgo brillante, moglie perfetta, madre presente. Le vite di Sylvie, Lizzie e Diana sembrano correre su binari paralleli, ma un giorno sono costrette a incrociarsi a causa di una notizia riportata su tutti i giornali: Richard, padre amorevole e marito devoto, è stato beccato in atteggiamento inequivocabile con una giovane, anzi giovanissima, ragazza. Sylvie, che a quell'uomo ha dedicato tutta la sua vita, si sente persa. E la stessa cosa accade alle sue figlie che in quel padre vedevano una sorta di cavaliere senza macchia. Insieme decidono di fuggire da New York, dall'uomo che le ha deluse e dai curiosi che continuano a intromettersi nella loro vita privata, e tornano nella vecchia casa in Connecticut, quella in cui non mettono piede da anni, ma in cui un tempo sono state felici. Tra quelle pareti familiari e accoglienti riusciranno ad avvicinarsi come non avevano mai fatto prima.
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Giudizio personale: 5/5
venerdì 7 settembre 2012
Ritratto di signora - Citazioni
" - Desidero tuttavia saper sempre le cose che non si dovrebbero fare-.
- Per poterle fare? - [...].
- Per poter scegliere - ".
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" In generale non c'era niente di più bello che apparire abbagliante, ma aveva una ostinata ripugnanza a risplendere su ordinazione ".
--
" Rimasero tutti e due per un poco in questa posizione, scambiandosi un lungo sguardo, lo sguardo vasto e consapevole delle ore critiche della vita."
--
" Si pensa a quelli che pensano a noi ".
--
" Egli sentiva l'antica amarezza, che con tanta fatica aveva cercato di buttar giù, tornargli in gola, e capiva che esistono delusioni lunghe come la vita ".
--
" ...la vita è meglio; perché nella vita c'è l'amore. E' una buona cosa la morte... ma l'amore non c'è ".
- Per poterle fare? - [...].
- Per poter scegliere - ".
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" In generale non c'era niente di più bello che apparire abbagliante, ma aveva una ostinata ripugnanza a risplendere su ordinazione ".
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" Rimasero tutti e due per un poco in questa posizione, scambiandosi un lungo sguardo, lo sguardo vasto e consapevole delle ore critiche della vita."
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" Si pensa a quelli che pensano a noi ".
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" Egli sentiva l'antica amarezza, che con tanta fatica aveva cercato di buttar giù, tornargli in gola, e capiva che esistono delusioni lunghe come la vita ".
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" ...la vita è meglio; perché nella vita c'è l'amore. E' una buona cosa la morte... ma l'amore non c'è ".
martedì 4 settembre 2012
Le streghe di Eastwick
Autore: John Updike
Titolo originale: The witches of Eastwick
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Le streghe di Eastwick è un libro dal quale è molto difficile farsi prendere.
L'inizio è noioso e prolisso, tanto che per un periodo ho abbandonato la lettura. Di tanto in tanto sono presenti descrizioni e divagazioni tediose, in cui si indugia in un oceano di termini specifici di fiori, insetti ed elementi chimici.
Strano soprattutto che nessuno dei personaggi ispiri simpatia, né Derryl Van Horne, piuttosto viscido e sgradevole, l'uomo che cambia la vita delle protagoniste ed in un certo senso le spinge a dare il peggio di sé, né le streghe stesse.
Tra queste, Alexandra, che alla fine ha almeno il pregio di pentirsi dell'orribile atto compiuto con le compagne, risulta tediosa e poco interessante; Jane, che sembrava il personaggio più verosimile del gruppo proprio per i suoi difetti, come l'antipatia ed una certa propensione alla rabbia, al disinteresse e alla negligenza, si rivela la peggiore, piena di noncurante odio, freddezza e indifferenza verso gli altri; Sukie, presentata come la più carina, quasi una boccata di aria fresca, è invece piuttosto superficiale.
Le tre streghe vivono nella sonnacchiosa cittadina di Eastwick frequentando uomini sposati e lanciando piccoli incantesimi ai perbenisti che le circondano; sono amiche, sorelle, spettegolano e si confidano, le loro chiacchierate sono sempre spumeggianti, finché nella loro vita si affaccia Derryl Van Horne, un uomo misterioso e a tratti disgustoso, che con le sue attenzioni verso le tre, crea delle crepe nel loro rapporto, che non tornerà mai più lo stesso. Nemmeno quando le streghe si alleano per vendicarsi di una quarta donna, rea di aver portato via loro Derryl. L'incantesimo -o maledizione- che le tre lanciano alla piccola Jenny è così terribile, che da quel momento in poi è impossibile anche solo pensare di provare simpatia per una delle protagoniste, e sono stata davvero disgustata da come -soprattutto Jane e Sukie- affrontano le terribili conseguenze di ciò che hanno fatto.
Mi è piaciuta molto, invece, la descrizione della provincia americana e dei suoi abitanti, spesso dalla mentalità poco aperta ma dai tanti scheletri nell'armadio. Interessante anche la lettura della storia delle streghe come metafora dei rapporti interpersonali, e la critica strisciante ad una società ipocrita e bigotta.
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Quarta di copertina: Sono belle e pericolose, tutte e tre; divorziate, sono attorniate da uomini e da amanti; e, ovviamente, sono capaci di qualunque prodigio, perché sono tre streghe. Alexandra, Jane e Sukie vivono in una cittadina del New England, circondate da pettegolezzi, ma non hanno nessuna voglia di nascondersi o di limitare il loro desiderio di avventura e trasgressione. Alexandra scolpisce piccole bambole, le sue "puppine"; Jane suona il violoncello; Sukie scrive per il quotidiano locale: ma nessuna esita a usare i propri poteri per scatenare improvvise tempeste o trasformare palle da tennis in rane o sedurre i maschi della loro piccola città. Finché non compare in scena un uomo che non si aspettavano e che sconvolge le loro esistenze di streghe un pò annoiate. Si chiama Derryl Van Horne, viene da Manhattan ed è tanto affascinante quanto misterioso, nelle sue manie e nei suoi comportamenti sempre sopra le righe. Nel giro di poche settimane la casa che Van Horne sta ristrutturando diventa la sede di incontri sessuali a quattro, un ménage torbido e spregiudicato, che alla lunga scatena nelle tre amiche gelosie e invidie reciproche. Quando poi una quarta e più giovane donna trova spazio entro le attenzioni dell'uomo misterioso, la situazione precipita in modo tumultuoso, rivelando tutti i terribili poteri delle streghe di oggi.
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Giudizio personale: 3/5
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Nel 2009 la ABC ha prodotto la serie televisiva Eastwick, liberamente ispirata al romanzo di Updike, dal quale si discosta molto.
Il telefilm ha però avuto vita breve, in quanto per scarsi ascolti è stato cancellato circa due mesi dopo la messa in onda del pilot. L'unica stagione consta di 13 episodi.
Rebecca Romijn è Roxie, Lindsay Price interpreta Joanna, mentre Jaime Ray Newman è Kat Gardener. Le tre streghe telefilmiche si rivelano essere molto diverse dai loro corrispettivi romanzeschi; in particolare, ho notato che di Alexandra c'è ben poco, mentre alcune caratteristiche di Sukie (il carattere, l'aspetto fisico, il lavoro) sono state divise tra i tre personaggi.
Derryl Van Horne è interpretato da Paul Goss, e bisogna segnalare Sara Rue nel ruolo di una collega di Joanna.
Ho visto pochi episodi della serie, tra cui il pilot, che non convince, e che è seguito da episodi a tratti noiosi, che non brillano, e che davvero non fanno venir voglia di continuare a seguire le vicende delle tre streghe.
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E' invece del 1987 la commedia horror Le streghe di Eastwick, con Cher (Alexandra), Susan Sarandon (Jane), Michelle Pfeiffer (Sukie) e Jack Nicholson (Derryl).
Il film si discosta dalla storia narrata nel libro soprattutto nella seconda parte: non c'è Jenny e le streghe non sono crudeli; Derryl è palesemente un essere demoniaco che ha sì donato alle donne vitalità e poteri magici, ma pretende in cambio che le tre gli appartengano a tutti i costi, e viene per questo punito con un maleficio.
Bravissimi gli attori, bello il tema del woman-power e sempre gradito l'affresco della provincia americana perbenista e un po' chiusa in se stessa; la commedia però non strappa né risate né un sorriso, l'ho trovata, anzi, in alcuni punti piuttosto disturbante, e le scene di vomito sono state alquanto disgustose.
Titolo originale: The witches of Eastwick
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Le streghe di Eastwick è un libro dal quale è molto difficile farsi prendere.
L'inizio è noioso e prolisso, tanto che per un periodo ho abbandonato la lettura. Di tanto in tanto sono presenti descrizioni e divagazioni tediose, in cui si indugia in un oceano di termini specifici di fiori, insetti ed elementi chimici.
Strano soprattutto che nessuno dei personaggi ispiri simpatia, né Derryl Van Horne, piuttosto viscido e sgradevole, l'uomo che cambia la vita delle protagoniste ed in un certo senso le spinge a dare il peggio di sé, né le streghe stesse.
Tra queste, Alexandra, che alla fine ha almeno il pregio di pentirsi dell'orribile atto compiuto con le compagne, risulta tediosa e poco interessante; Jane, che sembrava il personaggio più verosimile del gruppo proprio per i suoi difetti, come l'antipatia ed una certa propensione alla rabbia, al disinteresse e alla negligenza, si rivela la peggiore, piena di noncurante odio, freddezza e indifferenza verso gli altri; Sukie, presentata come la più carina, quasi una boccata di aria fresca, è invece piuttosto superficiale.
Le tre streghe vivono nella sonnacchiosa cittadina di Eastwick frequentando uomini sposati e lanciando piccoli incantesimi ai perbenisti che le circondano; sono amiche, sorelle, spettegolano e si confidano, le loro chiacchierate sono sempre spumeggianti, finché nella loro vita si affaccia Derryl Van Horne, un uomo misterioso e a tratti disgustoso, che con le sue attenzioni verso le tre, crea delle crepe nel loro rapporto, che non tornerà mai più lo stesso. Nemmeno quando le streghe si alleano per vendicarsi di una quarta donna, rea di aver portato via loro Derryl. L'incantesimo -o maledizione- che le tre lanciano alla piccola Jenny è così terribile, che da quel momento in poi è impossibile anche solo pensare di provare simpatia per una delle protagoniste, e sono stata davvero disgustata da come -soprattutto Jane e Sukie- affrontano le terribili conseguenze di ciò che hanno fatto.
Mi è piaciuta molto, invece, la descrizione della provincia americana e dei suoi abitanti, spesso dalla mentalità poco aperta ma dai tanti scheletri nell'armadio. Interessante anche la lettura della storia delle streghe come metafora dei rapporti interpersonali, e la critica strisciante ad una società ipocrita e bigotta.
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Quarta di copertina: Sono belle e pericolose, tutte e tre; divorziate, sono attorniate da uomini e da amanti; e, ovviamente, sono capaci di qualunque prodigio, perché sono tre streghe. Alexandra, Jane e Sukie vivono in una cittadina del New England, circondate da pettegolezzi, ma non hanno nessuna voglia di nascondersi o di limitare il loro desiderio di avventura e trasgressione. Alexandra scolpisce piccole bambole, le sue "puppine"; Jane suona il violoncello; Sukie scrive per il quotidiano locale: ma nessuna esita a usare i propri poteri per scatenare improvvise tempeste o trasformare palle da tennis in rane o sedurre i maschi della loro piccola città. Finché non compare in scena un uomo che non si aspettavano e che sconvolge le loro esistenze di streghe un pò annoiate. Si chiama Derryl Van Horne, viene da Manhattan ed è tanto affascinante quanto misterioso, nelle sue manie e nei suoi comportamenti sempre sopra le righe. Nel giro di poche settimane la casa che Van Horne sta ristrutturando diventa la sede di incontri sessuali a quattro, un ménage torbido e spregiudicato, che alla lunga scatena nelle tre amiche gelosie e invidie reciproche. Quando poi una quarta e più giovane donna trova spazio entro le attenzioni dell'uomo misterioso, la situazione precipita in modo tumultuoso, rivelando tutti i terribili poteri delle streghe di oggi.
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Giudizio personale: 3/5
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Nel 2009 la ABC ha prodotto la serie televisiva Eastwick, liberamente ispirata al romanzo di Updike, dal quale si discosta molto.
Il telefilm ha però avuto vita breve, in quanto per scarsi ascolti è stato cancellato circa due mesi dopo la messa in onda del pilot. L'unica stagione consta di 13 episodi.
Rebecca Romijn è Roxie, Lindsay Price interpreta Joanna, mentre Jaime Ray Newman è Kat Gardener. Le tre streghe telefilmiche si rivelano essere molto diverse dai loro corrispettivi romanzeschi; in particolare, ho notato che di Alexandra c'è ben poco, mentre alcune caratteristiche di Sukie (il carattere, l'aspetto fisico, il lavoro) sono state divise tra i tre personaggi.
Derryl Van Horne è interpretato da Paul Goss, e bisogna segnalare Sara Rue nel ruolo di una collega di Joanna.
Ho visto pochi episodi della serie, tra cui il pilot, che non convince, e che è seguito da episodi a tratti noiosi, che non brillano, e che davvero non fanno venir voglia di continuare a seguire le vicende delle tre streghe.
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E' invece del 1987 la commedia horror Le streghe di Eastwick, con Cher (Alexandra), Susan Sarandon (Jane), Michelle Pfeiffer (Sukie) e Jack Nicholson (Derryl).
Il film si discosta dalla storia narrata nel libro soprattutto nella seconda parte: non c'è Jenny e le streghe non sono crudeli; Derryl è palesemente un essere demoniaco che ha sì donato alle donne vitalità e poteri magici, ma pretende in cambio che le tre gli appartengano a tutti i costi, e viene per questo punito con un maleficio.
Bravissimi gli attori, bello il tema del woman-power e sempre gradito l'affresco della provincia americana perbenista e un po' chiusa in se stessa; la commedia però non strappa né risate né un sorriso, l'ho trovata, anzi, in alcuni punti piuttosto disturbante, e le scene di vomito sono state alquanto disgustose.
lunedì 3 settembre 2012
Il Trono di Spade
Autore: George R.R. Martin
Titolo originale: A Game of Thrones - Book one of a Song of Ice and Fire
Volume: 1 di 12 de "Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco"
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Il fantasy non è il mio genere preferito, ma questo primo volume de Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco merita di essere letto.
E' scritto molto bene, la storia è interessante con rari momenti di stanca, il mondo immaginario in cui si muovono i protagonisti è ben descritto e vario.
Innumerevoli i personaggi, ma si riesce a non far confusione tra nomi, titoli e parentele grazie al fatto che più capitoli sono incentrati su ognuno di essi, dal cui nome prendono il titolo.
C'è naturalmente la divisione tra personaggi cattivi e buoni, il che può risultare non troppo originale -come anche alcuni avvenimenti-, tuttavia tali e tanti sono gli intrighi, i tradimenti, i voltafaccia, le storie familiari, che la lettura risulta sempre piacevole.
Davvero molto bello e molto ben scritto il sogno del piccolo Bran; carina l'idea dei cuccioli di meta-lupo trovatelli, dello stesso numero dei figli di uno dei protagonisti, Eddard Stark.
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Retro copertina: In una terra fuori dal mondo, dove le estati e gli inverni possono durare intere generazioni, sta per esplodere un immane conflitto. Sul Trono di Spade, nel Sud caldo e opulento, siede Robert Baratheon. L'ha conquistato dopo una guerra sanguinosa, togliendolo all'ultimo, folle re della dinastia Targaryen, i signori dei draghi. Ma il suo potere è ora minacciato: all'estremo Nord, la Barriera - una muraglia eretta per difendere il regno da animali primordiali e, soprattutto, dagli Estranei - sembra vacillare. Si dice che gli Estranei siano scomparsi da secoli. Ma se è vero, chi sono allora quegli esseri con gli occhi così innaturalmente azzurri e gelidi, nascosti tra le ombre delle foreste, che rubano la vita, o il senno, a chi ha la mala sorte di incontrarli? Il Trono di Spade, primo romanzo della saga "Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco", narra di duelli e amori, corti sontuose e lande desolate. E come un vero poema epico intreccia le storie individuali in un grandioso affresco dal ritmo coinvolgente.
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Giudizio personale: 4/5
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Dall'aprile 2011 va in onda, negli Stati Uniti, la serie televisiva Game of Thrones, trasposizione della saga di George R.R. Martin, prodotta dalla rete HBO (Big love, True blood, Six feet under).
I primi cinque episodi della prima serie coprono la storia raccontata nel primo volume Il Trono di Spade (nella versione originale, accorpato a quello che in Italia ha preso il titolo di Il grande Inverno).
Sin dal pilot è chiaro che la sceneggiatura vuole essere il più possibile aderente al romanzo, anche se proprio nella prima puntata vi sono due scene che si discostano dalla storia originale: nella prima, del tutto assente nel libro, Catelyn trova un lungo capello biondo - à la CSI - nella torre dalla quale è stato gettato Bran; nella seconda, la prima notte di nozze tra Drogo e Daenerys appare molto più brutale di quanto venga raccontata da Martin.
Nel corso dei primi episodi vi sono altre scene assenti nel libro, per lo più dialoghi tra i vari personaggi a scopo didascalico; molto bello un confronto tra re Robert e la regina Cersei (che appare, almeno per il momento, più "umana", mentre Catelyn è più morbida con il figlio bastardo di suo marito Ned).
Le ambientazioni sono davvero bellissime, così come i costumi e qualsiasi altro particolare, tutto piuttosto curato.
Il cast mi piace molto, Joffrey (Jack Gleeson) è anche più mostruoso di come lo avevo immaginato, i ragazzini (Maisie Williams che interpreta Arya e Isaac Hempstead Wright che interpreta Bran) sono bravissimi, e Lena Headey è una splendida Cersei. Ho qualche riserva solo su Jon Snow (Kit Harington), forse per la sua espressione troppo infantile.
Leggere il romanzo prima della visione della serie è un pò come essere messi a parte del "dietro le quinte" (fare il contrario, come mi è capitato con buona parte del secondo volume, può rendere la lettura meno interessante), oltre al fatto che le dinamiche e i sentimenti dei vari personaggi risultano, naturalmente, molto più chiari.
Ciò, però, può provocare anche delle aspettative esagerate, come la scena, da me aspettata con ansia, di Viserys costretto a marciare a piedi dai Dothraki, che mi aveva dato gran soddisfazione nel romanzo, ma mi ha lasciata delusa nella serie tv.
Di seguito, il trailer della prima stagione, e la bella sigla:
Titolo originale: A Game of Thrones - Book one of a Song of Ice and Fire
Volume: 1 di 12 de "Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco"
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Il fantasy non è il mio genere preferito, ma questo primo volume de Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco merita di essere letto.
E' scritto molto bene, la storia è interessante con rari momenti di stanca, il mondo immaginario in cui si muovono i protagonisti è ben descritto e vario.
Innumerevoli i personaggi, ma si riesce a non far confusione tra nomi, titoli e parentele grazie al fatto che più capitoli sono incentrati su ognuno di essi, dal cui nome prendono il titolo.
C'è naturalmente la divisione tra personaggi cattivi e buoni, il che può risultare non troppo originale -come anche alcuni avvenimenti-, tuttavia tali e tanti sono gli intrighi, i tradimenti, i voltafaccia, le storie familiari, che la lettura risulta sempre piacevole.
Davvero molto bello e molto ben scritto il sogno del piccolo Bran; carina l'idea dei cuccioli di meta-lupo trovatelli, dello stesso numero dei figli di uno dei protagonisti, Eddard Stark.
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Retro copertina: In una terra fuori dal mondo, dove le estati e gli inverni possono durare intere generazioni, sta per esplodere un immane conflitto. Sul Trono di Spade, nel Sud caldo e opulento, siede Robert Baratheon. L'ha conquistato dopo una guerra sanguinosa, togliendolo all'ultimo, folle re della dinastia Targaryen, i signori dei draghi. Ma il suo potere è ora minacciato: all'estremo Nord, la Barriera - una muraglia eretta per difendere il regno da animali primordiali e, soprattutto, dagli Estranei - sembra vacillare. Si dice che gli Estranei siano scomparsi da secoli. Ma se è vero, chi sono allora quegli esseri con gli occhi così innaturalmente azzurri e gelidi, nascosti tra le ombre delle foreste, che rubano la vita, o il senno, a chi ha la mala sorte di incontrarli? Il Trono di Spade, primo romanzo della saga "Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco", narra di duelli e amori, corti sontuose e lande desolate. E come un vero poema epico intreccia le storie individuali in un grandioso affresco dal ritmo coinvolgente.
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Giudizio personale: 4/5
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Dall'aprile 2011 va in onda, negli Stati Uniti, la serie televisiva Game of Thrones, trasposizione della saga di George R.R. Martin, prodotta dalla rete HBO (Big love, True blood, Six feet under).
I primi cinque episodi della prima serie coprono la storia raccontata nel primo volume Il Trono di Spade (nella versione originale, accorpato a quello che in Italia ha preso il titolo di Il grande Inverno).
Sin dal pilot è chiaro che la sceneggiatura vuole essere il più possibile aderente al romanzo, anche se proprio nella prima puntata vi sono due scene che si discostano dalla storia originale: nella prima, del tutto assente nel libro, Catelyn trova un lungo capello biondo - à la CSI - nella torre dalla quale è stato gettato Bran; nella seconda, la prima notte di nozze tra Drogo e Daenerys appare molto più brutale di quanto venga raccontata da Martin.
Nel corso dei primi episodi vi sono altre scene assenti nel libro, per lo più dialoghi tra i vari personaggi a scopo didascalico; molto bello un confronto tra re Robert e la regina Cersei (che appare, almeno per il momento, più "umana", mentre Catelyn è più morbida con il figlio bastardo di suo marito Ned).
Le ambientazioni sono davvero bellissime, così come i costumi e qualsiasi altro particolare, tutto piuttosto curato.
Il cast mi piace molto, Joffrey (Jack Gleeson) è anche più mostruoso di come lo avevo immaginato, i ragazzini (Maisie Williams che interpreta Arya e Isaac Hempstead Wright che interpreta Bran) sono bravissimi, e Lena Headey è una splendida Cersei. Ho qualche riserva solo su Jon Snow (Kit Harington), forse per la sua espressione troppo infantile.
Leggere il romanzo prima della visione della serie è un pò come essere messi a parte del "dietro le quinte" (fare il contrario, come mi è capitato con buona parte del secondo volume, può rendere la lettura meno interessante), oltre al fatto che le dinamiche e i sentimenti dei vari personaggi risultano, naturalmente, molto più chiari.
Ciò, però, può provocare anche delle aspettative esagerate, come la scena, da me aspettata con ansia, di Viserys costretto a marciare a piedi dai Dothraki, che mi aveva dato gran soddisfazione nel romanzo, ma mi ha lasciata delusa nella serie tv.
Di seguito, il trailer della prima stagione, e la bella sigla:
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