Sottotitolo: The Avalonia Chronicles #2
Lingua: inglese
Genere: fantasy
Volume: 2 di 3
Prima pubblicazione: aprile 2017
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The rise of the Dawnstar è il secondo capitolo della trilogia delle Cronache di Avalonia di Farah Oomerbhoy.
Nel volume precedente avevamo lasciato la protagonista Aurora in fuga, insieme all'interesse amoroso Rafe, allo scopo di trovare un modo di salvare la madre prima di rifugiarsi dalla nonna nel regno di Elfi.
All'inizio di questa nuova avventura i due chiedono aiuto al nuovo personaggio di Santino, principe-pirata di Brandor, un regno ispirato al nostro Oriente.
Purtroppo la magia delle descrizioni che mi aveva catturato in The last of the Firedrakes è in questo romanzo del tutto scomparsa, e mi duole ammettere che tutta la prima parte della storia, prima dell'introduzione del regno di Elfi, è piuttosto noiosa.
Ho avuto l'impressione che ci sia qualcosa che non va nel personaggio di Rafe; le scene in cui è presente non funzionano, e la stessa protagonista, con lui, è molto meno interessante e propositiva. Nella loro storia d'amore, inoltre, tutto è troppo semplice e noioso.
Rispetto al primo capitolo, è però un fatto che Aurora sia finalmente cresciuta.
Se nel romanzo precedente, infatti, non faceva altro che cacciarsi nei guai, essere avventata, fidarsi di chiunque e non avere la più vaga idea di cosa significasse riflettere, questa volta ci troviamo di fronte a una ragazza più matura, che ha compreso, finalmente, che le proprie azioni hanno delle conseguenze e che non si aspetta più di essere salvata.
Dall'arrivo della protagonista ad Elfi, il romanzo si fa finalmente interessante.
Ho amato il nuovo regno.
Mi aspettavo una nonna paffuta, zuccherosa e protettiva, e un luogo da sogno dai colori pastello, mentre la Regina è esteticamente ancora attraente, ma fredda e manipolatrice, e la corte è teatro di lotte intestine e trame sotterranee. E' proprio qui che Aurora sperimenterà infatti, come non mai, l'inganno e il tradimento, ed imparerà che solo la dedizione e la fatica possono portare a dei risultati tangibili.
"But she was as cold as the winter snow, an ice queen without emotion." |
Ho apprezzato molto la "sorpresa" riguardante Penelope e mi è piaciuto che si parlasse della storia degli elfi, e che si sottolineasse il fatto che, per alcuni eventi, la versione dei maghi fosse diversa, a sottolineare che ogni popolo guarda ad un episodio in base alle conseguenze che ha avuto per la propria terra, e spesso ne enfatizza alcuni aspetti piuttosto che altri.
Purtroppo anche questa parte ha i suoi difetti, come le innumerevoli volte in cui Aurora sente "a shiver down my spine", e le reiterate descrizioni delle esercitazioni a cui si sottopone la protagonista, che a lungo andare finiscono per diventare noiose.
Tuttavia il tasto dolente è soprattutto la prevedibilità.
Credo che sia infatti chiaro cosa sia la Dawnstar, la stella dell'alba, e chi sia in realtà Illaria.
Tuttavia avrei di buon grado "perdonato" tutto ciò, anche la questione trita e ritrita dell'equivoco del matrimonio di Brandor, se non fosse stato per gli ultimissimi eventi del romanzo, e soprattutto per l'ultima scena, che mi ha fatto davvero sbuffare.
Un altro punto che non si può fare a meno di notare, è l'effetto che Aurora ha sugli uomini. Su qualunque uomo. Ora, sono consapevole del fatto che un autore voglia bene alle sue creature, e che per la scrittrice la sua protagonista sia la fanciulla più bella di tutto il mondo letterario, ma diventa noioso, ripetitivo e poco plausibile che qualunque essere di sesso maschile posi gli occhi sulla sedicenne, ne resti attratto all'istante o se ne innamori. Così come sembra piuttosto esagerato che tutti i ragazzi siano muscolosi e attraenti, tanto da far distrarre anche Aurora, innamoratissima del suo Rafe.
Mi sono inoltre accorta che, se la ragazza fa della missione di liberare la madre biologica lo scopo della sua vita, non spende mai un solo pensiero per i genitori adottivi, che pure l'hanno cresciuta fino al tragico incidente.
Mi piacerebbe molto se nel prossimo capitolo si desse un po' di spazio anche a loro, così come mi auguro che ci sia più originalità, in modo da chiudere in bellezza questo piacevole viaggio.
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La copertina: bellissima. Ancora migliore di quella del primo volume, che avevo apprezzato molto. Mi fa piacere che anche qui Aurora sia ritratta di spalle: non mi vanno a genio le copertine con questo o quel viso (magari utilizzato più volte per romanzi diversi), che limitano la fantasia del lettore.
Molto belli i colori, da quelli del paesaggio, che cozzano con l'azzurro del palazzo, freddo anche metaforicamente, a quelli dell'abito, che, insieme allo stesso abbigliamento, dichiarano come Aurora non sia più la principessa delle fiabe del primo volume, ma una guerriera.
Bella la decorazione dorata in basso, a mo' di cancello che divide il mondo della realtà da quello fantastico di Avalonia.
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Trama: Aurora Firedrake returns in the spellbinding sequel to The Last of the Firedrakes.
The seven kingdoms of Avalonia are crumbling and evil is spreading across the land like a plague. Queen Morgana is close to finding a way to open The Book of Abraxas and it’s only a matter of time until she uses the power trapped inside its pages to enslave the entire world.
With Avalonia growing more dangerous by the day, Aurora must travel through war-torn lands and deep into the heart of the fae kingdom of Elfi. Her goal is to find a legendary weapon infused with the last of the realm’s ancient magic—the only weapon in the world powerful enough to stop the queen.
Aurora might have survived her first battle against Morgana, but the true fight to save her kingdom and restore her throne has only just begun…
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Giudizio personale: 3/5
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Volume precedente:
- The last of the Firedrakes
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