Titolo originale: Death comes to Pemberley
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Avevo letto svariate recensioni negative riguardo a questo romanzo, ma ho voluto farmene un'idea personale, e poi, come ho già detto in un precedente post, è meglio non farsi scappare nessun derivato austeniano che venga finalmente tradotto in italiano (anche se, a quanto pare, molti dei romanzi migliori sono ancora ben lungi dal raggiungere i nostri scaffali).
Il Prologo mi è piaciuto: è stato divertente leggere un sunto degli eventi occorsi in Orgoglio e Pregiudizio come se stessi origliando qui e lì i pettegolezzi di Meryton.
Riguardo alla storia in sé, invece, sono stata subito sfavorevolmente colpita dall'eccesso di realtà - con tutte le sue brutture - che investe i protagonisti del romanzo austeniano.
La stessa P.D. James, d'altronde, nella sua Nota, si scusa con l'autrice "per aver coinvolto la sua beneamata Elizabeth nell'esperienza traumatica dell’indagine su un delitto" e per essersi soffermata su "argomenti tanto odiosi". Prima di leggere Morte a Pemberly, lo ammetto, non mi ero mai completamente resa conto della dimensione quasi "fiabesca" di Orgoglio e Pregiudizio, la cui freschezza e spensieratezza stridono fortemente con gli argomenti e le atmosfere di questo romanzo.
Romanzo che sarebbe risultato anche interessante e piacevole, se solo ci avessi trovato qualcosa che potesse richiamarmi alla mente l'opera austeniana. Invece i personaggi si limitano semplicemente ad avere gli stessi nomi di quelli di O&P: Darcy, Elizabeth, Georgiana e Wickham avrebbero potuto chiamarsi Lucy, James, Polly e Josh, e nulla sarebbe cambiato. Il Colonnello Fitzwilliam è veramente odioso, mentre Darcy e Lizzy quasi non si parlano. La storia del delitto in sé non mi ha suscitato nessuna curiosità, e la vera identità dell'assassino non mi ha provocato né sorpresa né soddisfazione.
La lettura è risultata per gran parte della storia molto noiosa - noiosissimo il processo - , e, ad un certo punto, ho pensato che se avessi dovuto di nuovo leggere del ritrovamento del corpo del povero Danny, mi sarei messa a urlare.
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Trama: Inghilterra, 1803. Sono passati sei anni da quando Elizabeth e Darcy hanno iniziato la loro vita insieme nella splendida tenuta di Pemberley. Elizabeth è felice del suo ruolo di padrona di casa ed è madre di due bellissimi bambini. La sorella maggiore Jane, cui lei è legatissima, vive nelle vicinanze insieme al marito Charles, vecchio amico di Darcy, e il suo adorato padre, Mr Bennet, va spesso a farle visita. Ma in una fredda e piovosa serata d'ottobre, mentre fervono gli ultimi preparativi per il grande ballo d'autunno che si terrà il giorno successivo, l'universo tranquillo e ordinato di Pemberley viene scosso all'improvviso dalla comparsa di Lydia, la sorella minore di Elizabeth e Jane. In preda a una crisi isterica la giovane donna urla che suo marito, l'ambiguo e disonesto Wickham, non gradito a Pemberley per la sua condotta immorale, è appena stato ucciso proprio lì, nel bosco della tenuta. Di colpo, l'ombra pesante e cupa del delitto offusca l'eleganza e l'armonia di Pemberley, e i protagonisti si ritrovano loro malgrado coinvolti in una vicenda dai contorni drammatici.
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Giudizio personale: 2/5
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Nel dicembre 2013 è andato in onda, sul canale BBC One, il drama in tre puntate Death comes to Pemberley, tratto dal romanzo di P.D. James.
La mini serie mi è piaciuta molto rispetto al libro, ma, se dovessi giudicarla al di là dell'opera cartacea, ne sarei molto meno entusiasta.
Come la maggior parte delle produzioni BBC, il prodotto in sé è ineccepibile, molto bella la fotografia, meravigliose le location -Pemberley ed il gazebo sono gli stessi del film di Joe Wright del 2005-, c'è una grandissima cura dei particolari.
Eppure la storia non mi ha preso, né mi è piaciuta la scelta degli attori che hanno impersonato Lizzy e Darcy.
Anna Maxwell Martin è indubitabilmente brava, ma non ha nulla che possa ricordare neanche lontanamente Elizabeth: sembra una donna triste e prematuramente invecchiata (brutti i flashback che la vedono protagonista, in cui si è cercato di ringiovanirla), e solo in un paio di scene mostra un minimo di quella vivacità e prontezza di spirito che caratterizzano il suo corrispettivo cartaceo.
Molto bravo anche Matthew Rhys, che però proprio non riesco a vedere come Darcy. Riguardo alla caratterizzazione del personaggio, pare proprio che questo Fitzwilliam abbia fatto un passo indietro rispetto a ciò che accade nel romanzo della Austen: l'ho trovato troppo incline alla rabbia, poco paziente, pessimo nella scena in cui rinfaccia alla moglie il fatto stesso di averla sposata.
In generale, i due mi hanno dato l'impressione di una coppia poco o per niente felice.
Mi sono piaciuti molto, invece, Jenna Coleman e Matthew Goode nei ruoli di Lydia e Wickham.
Il loro rapporto è stato reso più romantico rispetto al romanzo - vedi la scena in cella-, e si è anche tentato di indagare più a fondo la psicologia della piccola Lydia, palesemente meno felice di quanto voglia far credere. In particolare, mi è piaciuta molto la scena in cui la ragazza fa capire alla sorella Elizabeth - e al pubblico tutto - di usare la propria superficialità come difesa contro le brutture della vita.
Mi è spiaciuto non vedere Bingley, ma ho trovato molto azzeccata la scelta di inserire nella storia i coniugi Bennet. La signora, in particolare, si rende protagonista di scene piuttosto divertenti, soprattutto insieme alla figlia più piccola.
Molto carini Georgiana ed Alveston (interpretati da Eleanor Tomlinson e James Norton), e molto adatto Tom Ward nel ruolo del Capitano Fitzwilliam (qui meno odioso di quanto lo abbia trovato nel romanzo).
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Scene dal primo episodio:
Scene tratte dal secondo episodio:
Scene dal terzo episodio: