Titolo originale: The journey
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Il viaggio è scritto senza eleganza, con troppe ripetizioni che annoiano e rendono poco o per niente interessante andare avanti nella lettura.
La scrittrice non lascia che siano semplicemente le azioni e le parole dei suoi protagonisti a costruire la storia, ma è sempre lì pronta a sottolineare i motivi di quel gesto o di quell'affermazione, anche se sono del tutto palesi, o se lo stesso "chiarimento" c'è già stato più e più volte.
L'ambientazione è piacevole -la campagna inglese-; la storia non è brutta, ma è resa pesante dal modo in cui è raccontata -sembra che la scrittrice voglia mostrarci ogni singolo istante della vita dei personaggi, e si sa che non tutti gli istanti hanno importanza, ai fini di una storia-.
Si arriva stentatamente ad una fine che non soddisfa, e che dovrebbe fare da traino al sequel, La fine del viaggio.
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Quarta di copertina: Un pomeriggio d'inverno del 1952, sul sentiero innevato di un piccolo cimitero tra le colline del Bedfordshire, Ben Morris conosce Lucy Baker e sua figlia Mary: una madre piegata ma non spezzata da un'immane tragedia e una ragazza misteriosa, che riaccende in Ben la scintilla della passione. Un incontro, il loro, voluto dal destino, che cambierà profondamente la vita di tutti e tre. Invitato nell'antica dimora edoardiana in cui vivono le due donne, fin dal primo istante Ben avverte la sensazione di trovarsi in un santuario di ricordi e segreti sepolti nel passato. Questa prima impressione viene confermata mano a mano che si va svelando una vicenda di decenni addietro, una storia di immenso amore e di supremo sacrificio la cui eco ancora risuona. È la storia di Barney Davidson, della sua famiglia e della sua vita straordinaria; una storia in cui Lucy ha avuto una parte non piccola, e che ora deve riemergere. Prima che sia troppo tardi...
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Giudizio personale: 2-3/5