Autore: Hans Christian Andersen
Lingua: italiano
Genere: fiaba
Prima pubblicazione fiabe: 1835-1870
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La raccolta di fiabe di Hans Christian Andersen è stato uno dei primi libri che io abbia letto - e poi riletto - da bambina.
Ricordo ancora chiaramente quanto mi spaventasse
Le scarpette rosse, quanto mi rattristasse
La sirenetta, e quanto fossi incuriosita dalla
Regina della neve, per lo più assente dalla fiaba che porta il suo nome.
Rileggere lo stesso volume da adulta, analizzando alcune delle fiabe più importanti, è stata un'esperienza molto interessante.
Innanzitutto ho ritrovato uno stile veramente unico, che sembra il solo adatto al racconto di una fiaba.
Inoltre, cosa di cui evidentemente non mi ero accorta da bambina, la religione è ampiamente presente, anche nella fiaba che allora preferivo, I cigni selvatici - la storia di una ragazzina che resta muta per tutto il tempo che le occorre a confezionare delle camicie di rovi per i suoi undici fratelli tramutati in cigni -. Si tratta probabilmente della religione protestante, che giustifica alcune scelte, personalmente non condivisibili, come quella dell'amputazione dei piedi della piccola Karen ne Le scarpette rosse, rea di essere stata superba indossando proprio quelle scarpette in chiesa e non curandosi di nient'altro.
Molte fiabe sono agrodolci o chiaramente tristi, come
Il tenace soldatino di stagno;
L'ombra;
Il baule volante; altre mi hanno fatto sorridere per la loro critica così lucida e ancora così attuale della società (
E' proprio vero!;
La famiglia felice); altre mi sono sembrate pura poesia, magari deludendomi giusto alla fine (
La vecchia casa).
Anche questa volta la figura della
Regina della neve mi ha affascinata, anche se si tratta di un personaggio poco presente e poco caratterizzato. La storia - che invero ho trovato abbastanza disorganica - si focalizza in realtà sul percorso di crescita e maturazione dei due protagonisti, ed anche in questo caso un posto di primaria importanza è occupato dalla fede.
Storia di una madre, che a tratti risulta cruda e sconvolgente, si è invece rivelata essere l'estrinsecazione delle fasi del lutto.
Sempre tenera la storia del
brutto anatroccolo, con quel senso di rivincita finale che fa sempre piacere. In essa ritroviamo il tema del diverso e dell'emarginazione, la difficoltà dell'essere accettati per ciò che si è. Tali questioni dovevano essere molto care allo scrittore, che nel corso della sua vita dovette sperimentare per lungo tempo la discriminazione a causa delle sue condizioni economiche e del suo aspetto fisico.
La fiaba che più ha visto cambiare il mio parere grazie alla rilettura, è stata però
La sirenetta. Come ho già scritto, la storia originale non mi era mai piaciuta, e non avevo nemmeno mai apprezzato molto la trasposizione della Disney.
C'è però da dire che ho rivalutato il personaggio della piccola sirena.
La giovane protagonista potrebbe avere una vita lunga e felice in fondo al mare, insieme ai suoi simili, ma rifiuta tutto ciò: desidera qualcosa di diverso, qualcosa di più. La sirenetta è curiosa, vuole conoscere, vedere altre persone, luoghi, modi di vivere. Vuole essere l'artefice del proprio destino, anche se ciò dovrà provocarle molta sofferenza. Il suo amore per il principe e il desiderio di essere la sua sposa derivano innanzitutto dal fatto che un matrimonio con un essere umano le darà ciò che, in quanto sirena, non le sarà mai consentito avere: un'anima.
E' un personaggio che corre dei rischi, ha coraggio, si assume la responsabilità delle proprie azioni. Alla fine, rifiuta di rovinare la vita di qualcun altro per salvare la propria.
E questa è una gran bella lezione.
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Quarta di copertina: Nato nel 1805 i una delle tante isole che comprendono la Danimarca, di padre ciabattino e di madre lavandaia, Hans Christian Andersen esordì come scrittore di fiabe a trent'anni. Erano le storie che aveva ascoltato da bambino: Andersen riprendeva le fila dell'infanzia per tessere la sua nuova tela, sull'onda della memoria.
Andersen ha tirato fuori i suoi racconti, pagina per pagina, dalla propria fantasia e dalla propria vita. Esse risentono degli umori, delle illusioni, delle passioni dello scrittore. Eppure parlano a tutti. In esse vibra, accanto alla sua personalità, la parola profonda dell'anima danese: un complesso indefinibile - è stato scritto - di bonarietà, modestia, monellerie, ingenua fierezza popolana, serenità nelle sorti avverse.
Ma a parte il loro valore letterario, a che cosa servono oggi le fiabe di Andersen? Esse toccano, nel bambino, la molla dell'immaginazione: gli insegnano ad affrontare la realtà con occhio spregiudicato, ad inventare dei punti di vista per osservarla, sino a scorgere l'invisibile, proprio come Andersen "vedeva" un'intera vicenda sulla punta di un ago da rammendo.
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Fiabe contenute nel volume:
Fiabe popolari
- L'acciarino
- Il piccolo Claus e il grande Claus
- La principessa sul pisello
- Il compagno di viaggio
- Il baule volante
- I cigni selvatici
- Il guardiano di porci
- Mignolina
- Gian Babbeo
- Quel che fa il babbo è sempre ben fatto
Le grandi novelle
- La sirenetta
- L'usignolo
- I vestiti nuovi dell'imperatore
- Il brutto anatroccolo
- La regina della neve
- Le scarpette rosse
- Storia di una madre
- L'ombra
Storie di cose
- Il tenace soldatino di stagno
- I fidanzati
- L'ago da rammendo
- La pastorella e lo spazzacamino
- Il vecchio lampione
- La vecchia casa
- Il solino
- Il lino
- Il folletto del droghiere
- Cinque in un baccello
- Il porcellino salvadanaio
- Penna e calamaio
- L'uomo di neve
- La monetina d'argento
- Il bucaneve
- La margheritina
- Le vicende del cardo
- Le candele
Storie di animali
- Gente balzana
- I vicini di casa
- La famiglia felice
- E' proprio vero!
- Il gallo del tetto e il gallo del pollaio
- Nel recinto delle anatre
- Il farfallone
- Il rospo
Proverbi e modi di dire
- Ole Chiudilocchio
- Ogni cosa al suo posto!
- Non era buona a nulla
- Brodo di stecchino
- Lo scarabeo
- Riposto ma non dimenticato
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Giudizio personale: 3/5
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Molte fiabe di Hans Christian Andersen sono state trasposte innumerevoli volte in film a cartoni animati.
Tra questi, precedente di un anno l'ormai famosissimo
Frozen della Disney, è
La regina delle nevi, un lungometraggio (80') russo che mette in scena l'omonima storia dello scrittore danese.
Il fatto che il film volesse essere il più possibile aderente alla fiaba originale mi aveva molto incuriosito, ma, dopo un inizio abbastanza promettente, l'ho trovato veramente noioso.
In questa versione Gerda e Kai, i bambini protagonisti, non sono vicini, ma fratelli, figli dell'ultimo mago che avrebbe potuto contrastare la temibile Regina delle Nevi. Questa (la cui vera identità sarà svelata alla fine), ha deciso di eliminare qualsiasi artista esistente, e di rendere la terra un posto freddo e inospitale.
I bambini scoprono della loro parentela nell'orfanotrofio in cui vengono maltrattati e costretti a lavorare, poco prima che Kai sia rapito da un emissario della Regina, un troll mutaforma.
L'inserimento di questo personaggio e della donnola di Gerda permette di avere nel film gli immancabili aiutanti animali, protagonisti delle scene più comiche e divertenti.
Gerda, alla ricerca di Kai, incontra numerosi personaggi, come la venditrice di fiori, il re dal regno diviso e i suoi figli (al centro di alcune delle scene più godibili dell'intero film), i pirati, la donna eschimese, la maggior parte dei quali rappresentano dei nemici da sconfiggere per riprendere il viaggio.
Tuttavia queste varie "avventure" cominciano e terminano in un lampo; ho avuto l'impressione che la povera Gerda fosse solo sballottata da un personaggio all'altro nell'attesa di provare a sconfiggere la poco affascinante Regina delle Nevi.
Lo specchio, oggetto fondamentale della fiaba, è presente ma con ben altre funzioni, mentre grandi assenti sono i suoi frammenti e il loro deleterio effetto.
La storia, così com'è realizzata, perde tutto il significato di percorso di crescita e maturazione posseduto da quella originale, e riesce a salvarsi solo sul finale, dove si pone esplicitamente l'accento sul valore della famiglia, degli affetti e sull'accettazione del diverso.
Nulla da ridire sulla grafica 3D e soprattutto sui colori. Bellissimi i paesaggi e le scene con i fiori.
A questo lungometraggio fa seguito
La regina delle nevi 2, che ho deciso caldamente di evitare.