" ...perché la vita si riduce a così poco? [...] Dov'è il rumore di tutti i cuori che ho amato? ".
--
" Io credo che nei sogni ci puniamo [...] difficilmente ci premiamo ".
--
" Ma tu rimani qui, aggrappata a me, al nostro letto, no, non te ne andrai nella notte, non lo farai, non correrai il rischio, perché io potrei non avere nostalgia di te, e tu sei una donna prudente ".
--
" E anche adesso, sai, se mi annuso le mani in questa stanza asettica, se schiaccio il naso nel fondo dei miei palmi, io so di trovare il suo odore. Perché lei è nel mio sangue ".
--
" La amo come un taglio nel vetro. La amo perché non amo che lei...".
giovedì 31 gennaio 2013
sabato 26 gennaio 2013
Un cavallo per la strega
Autrice: Agatha Christie
Titolo originale: Pale horse
---
Un cavallo per la strega è un bel romanzo che può piacere anche a chi, come me, non è un appassionato di gialli.
Gli elementi a suo favore sono numerosi:
non c'è un commissario o un protagonista dalle intuizioni geniali, senza il quale il caso non sarebbe stato risolto, ma un giornalista piuttosto umile, che ad un certo punto della storia vorrebbe anche lasciar perdere tutto, per non mettere in pericolo nessuno;
la storia è ambientata per lo più nella campagna inglese;
i personaggi, anche se non troppo approfonditi, hanno comunque una propria personalità (vedi la figura del farmacista o quella della scrittrice);
il caso sembrerebbe vertere verso il soprannaturale, ma per fortuna il tutto ha, alla fine, una spiegazione logica.
La storia è costruita molto bene, abbastanza intricata, e l'identità dell'assassino potrebbe essere una sorpresa; unica pecca, la "mini-romance" troppo frettolosa, ma si tratta pur sempre di un giallo...
Mi piace molto anche come è stato reso il titolo in italiano -la traduzione dell'originale sarebbe Cavallo pallido-, in cui il "Cavallo" allude ad una vecchia taverna, il Cavallo pallido, trasformata in abitazione privata, mentre la "strega" ad una delle anziane che ci vive, e che viene considerata appunto una strega, capace, con i suoi sortilegi, di provocare la morte a distanza di chiunque.
---
Retro copertina: In una sera nebbiosa, qualcuno ha seguito e assassinato il povero reverendo Gorman, recatosi a portare gli ultimi conforti a una moribonda. Chi può essersi macchiato dell'omicidio di un generoso sacerdote apparentemente amato e stimato da tutti? La polizia avanza l'ipotesi che l'omicidio sia legato a una strana lista ritrovata in una scarpa del cadavere, un elenco di persone che però non sembrano avere alcun elemento in comune fra loro. Venuto a conoscenza della cosa, lo scrittore Mark Easterbrook, ricordandosi di una strana lite di cui era stato testimone, collega i fatti e comincia a indagare.
---
Giudizio personale: 5/5
Titolo originale: Pale horse
---
Un cavallo per la strega è un bel romanzo che può piacere anche a chi, come me, non è un appassionato di gialli.
Gli elementi a suo favore sono numerosi:
non c'è un commissario o un protagonista dalle intuizioni geniali, senza il quale il caso non sarebbe stato risolto, ma un giornalista piuttosto umile, che ad un certo punto della storia vorrebbe anche lasciar perdere tutto, per non mettere in pericolo nessuno;
la storia è ambientata per lo più nella campagna inglese;
i personaggi, anche se non troppo approfonditi, hanno comunque una propria personalità (vedi la figura del farmacista o quella della scrittrice);
il caso sembrerebbe vertere verso il soprannaturale, ma per fortuna il tutto ha, alla fine, una spiegazione logica.
La storia è costruita molto bene, abbastanza intricata, e l'identità dell'assassino potrebbe essere una sorpresa; unica pecca, la "mini-romance" troppo frettolosa, ma si tratta pur sempre di un giallo...
Mi piace molto anche come è stato reso il titolo in italiano -la traduzione dell'originale sarebbe Cavallo pallido-, in cui il "Cavallo" allude ad una vecchia taverna, il Cavallo pallido, trasformata in abitazione privata, mentre la "strega" ad una delle anziane che ci vive, e che viene considerata appunto una strega, capace, con i suoi sortilegi, di provocare la morte a distanza di chiunque.
---
Retro copertina: In una sera nebbiosa, qualcuno ha seguito e assassinato il povero reverendo Gorman, recatosi a portare gli ultimi conforti a una moribonda. Chi può essersi macchiato dell'omicidio di un generoso sacerdote apparentemente amato e stimato da tutti? La polizia avanza l'ipotesi che l'omicidio sia legato a una strana lista ritrovata in una scarpa del cadavere, un elenco di persone che però non sembrano avere alcun elemento in comune fra loro. Venuto a conoscenza della cosa, lo scrittore Mark Easterbrook, ricordandosi di una strana lite di cui era stato testimone, collega i fatti e comincia a indagare.
---
Giudizio personale: 5/5
Aggiornamenti
Dalia nera
Inserite notizie relative al film e alla citazione del caso nel telefilm American Horror Story.
Heat wave
Aggiunta la trama e il dipinto di John Singer Sargent.
Inserite notizie relative al film e alla citazione del caso nel telefilm American Horror Story.
Heat wave
Aggiunta la trama e il dipinto di John Singer Sargent.
sabato 19 gennaio 2013
Ethan Frome
Autrice: Edith Wharton
Titolo originale: Ethan Frome
---
Con il suo stile meraviglioso, la Wharton ci regala questo racconto breve e amaro, ambientato in un Massachusetts gelido e isolato, che contiene, come una matrioska, il misero e rurale villaggio di Starkfield, e l'ancor più isolata fattoria di Ethan Frome - descritta come " una di quelle solitarie fattorie che rendevano il paesaggio ancor più solitario" -, in cui si trascinano le tre vite di Ethan, Zeena e Mattie.
Ethan è sicuramente il personaggio che colpisce al cuore in modo doloroso, un uomo la cui vita è stata costellata di rinunce, consapevole - e ciò rende il tutto ancora più terribile e crudele - del fatto che avrebbe potuto essere qualcuno, che la sua vita avrebbe potuto essere migliore e diversa, mentre gli eventi l'hanno costretto ad una prigionia eterna a Starkfield, legato ad una donna arcigna che mostra un minimo d'umanità solo quando scopre che il suo piatto preferito è stato rotto.
La storia si articola su due piani temporali, il presente, con un Ethan menomato e silenzioso, e un passato risalente a ventiquattro anni prima, che vide la nascita e la drammatica fine dell'amore tra l'uomo e la vivace Mattie, cugina e aiutante della moglie.
La Wharton è capace di mostrarci, quasi in modo plastico, lo squallore - soprattutto presente - di queste tre vite, soffocandoci quasi con l'ineluttabilità del loro destino.
Bellissima la scena in cui un Ethan tramortito crede di sentire il pigolio lontano di un uccello ferito, e poi si accorge, con orrore, che l'uccellino non è altri che Mattie, e il pigolio i suoi gemiti di dolore.
---
[attenzione: SPOILER]
Retro copertina: Al di là del cliché che ne ha fatto per vario tempo solo una "discepola" del grande Henry James, Edith Wharton (1862-1937) si è andata via via imponendo per alcune sue spiccate peculiarità. Le sue "cronache" di una New York di facoltose famiglie e sofisticati (e oppressivi) rituali realizzano (Come nello splendido affresco de L'età dell'innocenza) una felice sintesi di evocatività lirica e di sarcastica denuncia. Ma Edith Wharton ha anche concentrato, in Ethan Frome, la storia di un amore tenero e disperato, sullo sfondo di una più scabra America "rurale". E' la storia di un misero coltivatore, Ethan, che vive stentatamente in una solitaria fattoria, angustiato dalla moglie Zeena, spigolosa e querula, e del suo impossibile amore per la giovane Mattie, con la quale andrà a cercare la morte in una folle corsa in slitta giù per il pendio nevoso. Sopravviveranno entrambi, ma menomati e sfigurati per sempre.
---
Giudizio personale: 5/5
Titolo originale: Ethan Frome
---
Con il suo stile meraviglioso, la Wharton ci regala questo racconto breve e amaro, ambientato in un Massachusetts gelido e isolato, che contiene, come una matrioska, il misero e rurale villaggio di Starkfield, e l'ancor più isolata fattoria di Ethan Frome - descritta come " una di quelle solitarie fattorie che rendevano il paesaggio ancor più solitario" -, in cui si trascinano le tre vite di Ethan, Zeena e Mattie.
Ethan è sicuramente il personaggio che colpisce al cuore in modo doloroso, un uomo la cui vita è stata costellata di rinunce, consapevole - e ciò rende il tutto ancora più terribile e crudele - del fatto che avrebbe potuto essere qualcuno, che la sua vita avrebbe potuto essere migliore e diversa, mentre gli eventi l'hanno costretto ad una prigionia eterna a Starkfield, legato ad una donna arcigna che mostra un minimo d'umanità solo quando scopre che il suo piatto preferito è stato rotto.
La storia si articola su due piani temporali, il presente, con un Ethan menomato e silenzioso, e un passato risalente a ventiquattro anni prima, che vide la nascita e la drammatica fine dell'amore tra l'uomo e la vivace Mattie, cugina e aiutante della moglie.
La Wharton è capace di mostrarci, quasi in modo plastico, lo squallore - soprattutto presente - di queste tre vite, soffocandoci quasi con l'ineluttabilità del loro destino.
Bellissima la scena in cui un Ethan tramortito crede di sentire il pigolio lontano di un uccello ferito, e poi si accorge, con orrore, che l'uccellino non è altri che Mattie, e il pigolio i suoi gemiti di dolore.
---
[attenzione: SPOILER]
Retro copertina: Al di là del cliché che ne ha fatto per vario tempo solo una "discepola" del grande Henry James, Edith Wharton (1862-1937) si è andata via via imponendo per alcune sue spiccate peculiarità. Le sue "cronache" di una New York di facoltose famiglie e sofisticati (e oppressivi) rituali realizzano (Come nello splendido affresco de L'età dell'innocenza) una felice sintesi di evocatività lirica e di sarcastica denuncia. Ma Edith Wharton ha anche concentrato, in Ethan Frome, la storia di un amore tenero e disperato, sullo sfondo di una più scabra America "rurale". E' la storia di un misero coltivatore, Ethan, che vive stentatamente in una solitaria fattoria, angustiato dalla moglie Zeena, spigolosa e querula, e del suo impossibile amore per la giovane Mattie, con la quale andrà a cercare la morte in una folle corsa in slitta giù per il pendio nevoso. Sopravviveranno entrambi, ma menomati e sfigurati per sempre.
---
Giudizio personale: 5/5
sabato 12 gennaio 2013
Il medico di corte - Citazioni
" Mio taciturno amico. Che ne sarà di te. Tu che hai sogni tanto nobili, e questo sacro terrore di realizzarli ".
--
" E sappiamo che una scintilla può incendiare una prateria ".
--
" Lui [...] sapeva tacere. Questo li spaventava ".
--
"Come si poteva vincere il mondo se si era soltanto buoni, se non si aveva il coraggio di essere cattivi? ".
--
" E capì di non essere più la coraggiosa ragazza che non conosceva la paura. La paura aveva finito per cercarla, la paura l'aveva trovata, e lei sapeva finalmente cos'era la paura ".
--
" Ma non c'era nessuno con cui parlare, e di notte il freddo era intenso..."
--
" E sappiamo che una scintilla può incendiare una prateria ".
--
" Lui [...] sapeva tacere. Questo li spaventava ".
--
"Come si poteva vincere il mondo se si era soltanto buoni, se non si aveva il coraggio di essere cattivi? ".
--
" E capì di non essere più la coraggiosa ragazza che non conosceva la paura. La paura aveva finito per cercarla, la paura l'aveva trovata, e lei sapeva finalmente cos'era la paura ".
--
" Ma non c'era nessuno con cui parlare, e di notte il freddo era intenso..."
domenica 6 gennaio 2013
Il diario di Suzanne
Autore: James Patterson
Titolo originale: Suzanne's diary for Nicholas
---
Ho cominciato Il diario di Suzanne nel pomeriggio, e sono rimasta sveglia quasi tutta la notte per finirlo.
E' una storia semplice, ma capace di commuovere e tenere incollati alle pagine.
Come è chiaro dal titolo, si tratta di un diario, scritto da Suzanne per suo figlio Nicholas, e noi lo leggiamo insieme a Katie, che ci viene presentata come l'amante di Matt, il marito di Suzanne.
Ma nulla è ciò che sembra, e Patterson, che di colpi di scena se ne intende, ne inserisce almeno un paio, facendoci scoprire la verità a poco a poco, come se scostassimo una tenda, senza sapere minimamente quello che ci piomberà addosso di lì a poco. E' il caso, ad esempio, dei due Matt all'inizio della storia, ma soprattutto dell'amarissimo plot twist in dirittura d'arrivo.
Il finale è lieto, così come l'avrei voluto, ma è costruito in un modo che non mi è piaciuto, quasi che tutto il pathos a disposizione fosse stato utilizzato per la parte centrale della storia.
---
Trama: Katie Wilkinson ha trovato l'uomo ideale ma un giorno, senza spiegazione, lui sparisce dalla sua vita e le lascia un diario da leggere. È il diario di una giovane mamma scritto per il suo bambino, in cui Suzanne racconta la storia d'amore tra lei e il padre del bimbo e l'immensa gioia che la maternità le ha procurato. Nel leggere questo commovente resoconto Katie si rende conto che il padre del bambino e l'uomo che l'ha lasciata sono la stessa persona e che il suo amato Matt ha quindi una moglie e un figlio. Ma il resto del diario la mette di fronte a qualcosa d'altro, qualcosa che la spaventa e la fa sperare allo stesso tempo.
---
Giudizio personale: 4/5
Titolo originale: Suzanne's diary for Nicholas
---
Ho cominciato Il diario di Suzanne nel pomeriggio, e sono rimasta sveglia quasi tutta la notte per finirlo.
E' una storia semplice, ma capace di commuovere e tenere incollati alle pagine.
Come è chiaro dal titolo, si tratta di un diario, scritto da Suzanne per suo figlio Nicholas, e noi lo leggiamo insieme a Katie, che ci viene presentata come l'amante di Matt, il marito di Suzanne.
Ma nulla è ciò che sembra, e Patterson, che di colpi di scena se ne intende, ne inserisce almeno un paio, facendoci scoprire la verità a poco a poco, come se scostassimo una tenda, senza sapere minimamente quello che ci piomberà addosso di lì a poco. E' il caso, ad esempio, dei due Matt all'inizio della storia, ma soprattutto dell'amarissimo plot twist in dirittura d'arrivo.
Il finale è lieto, così come l'avrei voluto, ma è costruito in un modo che non mi è piaciuto, quasi che tutto il pathos a disposizione fosse stato utilizzato per la parte centrale della storia.
---
Trama: Katie Wilkinson ha trovato l'uomo ideale ma un giorno, senza spiegazione, lui sparisce dalla sua vita e le lascia un diario da leggere. È il diario di una giovane mamma scritto per il suo bambino, in cui Suzanne racconta la storia d'amore tra lei e il padre del bimbo e l'immensa gioia che la maternità le ha procurato. Nel leggere questo commovente resoconto Katie si rende conto che il padre del bambino e l'uomo che l'ha lasciata sono la stessa persona e che il suo amato Matt ha quindi una moglie e un figlio. Ma il resto del diario la mette di fronte a qualcosa d'altro, qualcosa che la spaventa e la fa sperare allo stesso tempo.
---
Giudizio personale: 4/5
venerdì 4 gennaio 2013
Il Dandy della Reggenza
Autrice: Georgette Heyer
Titolo originale: Regency Buck
---
Come ci dice chiaramente il titolo, la storia è ambientata nel periodo della Reggenza - più precisamente tra il 1811 e il 1812 - con tutto il suo contorno di balli, calessini, vacanze a Brighton e pettegolezzi.
L'autrice ci mostra aspetti di solito meno raccontati dell'epoca, come i combattimenti di galli, e fa interagire i suoi personaggi di fantasia con personaggi realmente esistiti, primi fra tutti il Beau Brummel e il principe Reggente.
La dinamica dei rapporti tra i protagonisti, Judith Peregrine e il conte di Worth, mi ha ricordato molto quella tra Elizabeth e Darcy in Orgoglio e Pregiudizio. Anche in questo romanzo, infatti, ci sono schermaglie verbali tra i due, palesemente attratti l'uno dall'altra. L'autrice, però, ripete più volte la stessa scena, nella quale i due si dicono quanto si disprezzino, quasi senza alcuna variazione, e la cosa alla lunga diventa noiosa.
Inoltre non mi è piaciuto il largo uso che la Heyer fa del mystery: dopo duelli provocati allo scopo di uccidere, tentati avvelenamenti e agguati non riusciti, il rapimento della fanciulla alla fine della storia mi è sembrato davvero troppo.
L'inizio del romanzo è invece piuttosto gradevole, e le descrizioni spesso dettagliate di usi e costumi dell'epoca sono davvero molto interessanti.
---
Trama: È stato per distrazione, per dispetto o per un'incredibile lungimiranza che nel suo testamento il signor Taverner ha voluto nominare come tutore dei due figli il quinto conte di Worth? Il conte non è, infatti, l'anziano gentiluomo che Judith e Peregrine Taverner si aspettano, bensì il più elegante, affascinante e insopportabile dandy della Londra della Reggenza. I suoi modi gelidi e la sua ironia non gli impediscono infatti di spalancare ai due giovani - e ora ricchissimi - provinciali le porte del bel mondo. E se Peregrine, un ragazzo dal cuore d'oro ma assolutamente sventato, gli procura qualche noia, la seducente Judith gli provoca ben altre reazioni...
---
Giudizio personale: 3/5
---
Approfondimenti - Il Beau Brummel
George Bryan Brummell, conosciuto anche come Beau (il "bello") Brummell (Londra, 7 giugno 1778 – Caen, 30 marzo 1840), è considerato il primo dandy, o comunque colui che rappresentò meglio il dandismo.
Studiò a Eton, dal 1790, dove si distinse subito per la cura che riservava nel vestirsi. Successivamente, passò ad Oxford, per entrare nel reggimento degli Ussari, con lo scopo di incontrare il Principe di Galles, il futuro Giorgio IV, che ne aveva il comando: una volta entrato nelle sue grazie, lord Brummell prese congedo.
Presto divenne amico e consigliere del sovrano, che spesso tentava di imitarlo, con poco successo, come quando il Reggente inventò il "gilet sbottonato", ma tale moda non venne seguita da nessuno, se non da cortigiani, servi, camerieri e carrettieri.
Il 18 maggio 1816 Brummel lasciò definitivamente l'Inghilterra, a causa di un dissidio con il Reggente: per diversi anni abitò a Calais, che divenne meta di una sorta di pellegrinaggio del bel mondo inglese. Alla sua partenza da Londra, tutti i suoi beni erano stati messi all'incanto: il ricavato della vendita contribuì a mantenerlo per alcuni anni.
Pare che all'asta partecipò tutta la crema della città: d'Aurevilly racconta come un marchese e un barone si disputassero l'un l'altro un accessorio di scarso valore, o una marchesa e una contessa si bisticciassero un portasapone appartenuto a colui che regnava nei salotti londinesi più del principe stesso.
Qui trascorse il resto della sua vita, lontano dagli agi e dal lusso cui era abituato. Malato di sifilide, nel 1837 venne internato nell'ospedale delle Figlie del Buon Salvatore di Caen, dove morì nel 1840 al termine di uno dei frequenti ricevimenti immaginari al quale aveva invitato tutta la nobiltà inglese.
Barbey d'Aurevilly ce ne lascia una splendida descrizione in George Brummell e il dandismo: "Poco tempo dopo Brummell divenne folle e, poichè il dandismo era penetrato in tutto il suo essere, anche la sua follia si tinse di dandismo [...]. Certi giorni, con grande stupore del personale dell'hotel, ordinava di preparare il suo appartamento come per una festa. Lampadari, candelabri, candele, fiori in gran quantità, non mancava niente e, nello scintillio di tutte queste luci, lui, nello splendido abbigliamento della sua giovinezza, con l'abito whig blu con i bottoni d'oro, il gilè di piquet e i pantaloni neri, aderenti come le calze del XVI secolo, in mezzo al salone, attendeva... Attendeva l'Inghilterra oramai morta! Improvvisamente come se si fosse sdoppiato, annunciava ad alta voce, il principe di Galles, poi lady Connyngham, poi lord Yarmouth e per finire tutti quei grandi personaggi di cui era stato la legge vivente e, credendo di vederli apparire man mano che li chiamava, cambiando voce andava a riceverli alla porta spalancata del salone vuoto dalla quale, ahimè! non sarebbe entrato nessuno [...]; offriva il braccio alle signore [...] . Questa scena durava a lungo... Infine, quando il salone si era riempito di questi fantasmi; quando tutta questa gente dell'altro mondo era arrivata, di colpo gli tornava anche la ragione e quell'infelice si rendeva conto del suo delirio e della sua demenza! Allora crollava, spossato, su una di quelle poltrone vuote e scoppiava in un pianto dirotto!"
La sua fama è dovuta alla particolare cura riservata ai dettagli nel vestire.
Il suo stile di abbigliamento -che per molti aspetti era uno stile di vita - era destinato a quel tempo a sembrare eccentrico, se non addirittura scandaloso.
In un'epoca, infatti, in cui dominavano ancora i colori più sgargianti e le stoffe di seta, in cui si usavano le parrucche e l'igiene era considerata poco virile, Brummel adottò invece il colore blu per gli abiti, lanciando definitivamente l'uso dei pantaloni lunghi a tubo e delle giacche da frac, eliminando per sempre brache al ginocchio, calze e giustacuore.
Prese poi a curare con particolare attenzione l'igiene intima, con generoso impiego di acqua e sapone, eliminando la parrucca incipriata e arrivando fino alla "bizzarria" di cambiare camicia ogni giorno.
Tutto questo si accompagnava a un modo raffinato di atteggiarsi, di muoversi e agire, il tutto coniugato con un'attitudine spiccata verso l'arte e la cultura in genere.
Fonti:
- wikipedia;
- noveporte.
Titolo originale: Regency Buck
---
Come ci dice chiaramente il titolo, la storia è ambientata nel periodo della Reggenza - più precisamente tra il 1811 e il 1812 - con tutto il suo contorno di balli, calessini, vacanze a Brighton e pettegolezzi.
L'autrice ci mostra aspetti di solito meno raccontati dell'epoca, come i combattimenti di galli, e fa interagire i suoi personaggi di fantasia con personaggi realmente esistiti, primi fra tutti il Beau Brummel e il principe Reggente.
La dinamica dei rapporti tra i protagonisti, Judith Peregrine e il conte di Worth, mi ha ricordato molto quella tra Elizabeth e Darcy in Orgoglio e Pregiudizio. Anche in questo romanzo, infatti, ci sono schermaglie verbali tra i due, palesemente attratti l'uno dall'altra. L'autrice, però, ripete più volte la stessa scena, nella quale i due si dicono quanto si disprezzino, quasi senza alcuna variazione, e la cosa alla lunga diventa noiosa.
Inoltre non mi è piaciuto il largo uso che la Heyer fa del mystery: dopo duelli provocati allo scopo di uccidere, tentati avvelenamenti e agguati non riusciti, il rapimento della fanciulla alla fine della storia mi è sembrato davvero troppo.
L'inizio del romanzo è invece piuttosto gradevole, e le descrizioni spesso dettagliate di usi e costumi dell'epoca sono davvero molto interessanti.
---
Trama: È stato per distrazione, per dispetto o per un'incredibile lungimiranza che nel suo testamento il signor Taverner ha voluto nominare come tutore dei due figli il quinto conte di Worth? Il conte non è, infatti, l'anziano gentiluomo che Judith e Peregrine Taverner si aspettano, bensì il più elegante, affascinante e insopportabile dandy della Londra della Reggenza. I suoi modi gelidi e la sua ironia non gli impediscono infatti di spalancare ai due giovani - e ora ricchissimi - provinciali le porte del bel mondo. E se Peregrine, un ragazzo dal cuore d'oro ma assolutamente sventato, gli procura qualche noia, la seducente Judith gli provoca ben altre reazioni...
---
Giudizio personale: 3/5
---
Approfondimenti - Il Beau Brummel
George Bryan Brummell, conosciuto anche come Beau (il "bello") Brummell (Londra, 7 giugno 1778 – Caen, 30 marzo 1840), è considerato il primo dandy, o comunque colui che rappresentò meglio il dandismo.
Studiò a Eton, dal 1790, dove si distinse subito per la cura che riservava nel vestirsi. Successivamente, passò ad Oxford, per entrare nel reggimento degli Ussari, con lo scopo di incontrare il Principe di Galles, il futuro Giorgio IV, che ne aveva il comando: una volta entrato nelle sue grazie, lord Brummell prese congedo.
Presto divenne amico e consigliere del sovrano, che spesso tentava di imitarlo, con poco successo, come quando il Reggente inventò il "gilet sbottonato", ma tale moda non venne seguita da nessuno, se non da cortigiani, servi, camerieri e carrettieri.
Il 18 maggio 1816 Brummel lasciò definitivamente l'Inghilterra, a causa di un dissidio con il Reggente: per diversi anni abitò a Calais, che divenne meta di una sorta di pellegrinaggio del bel mondo inglese. Alla sua partenza da Londra, tutti i suoi beni erano stati messi all'incanto: il ricavato della vendita contribuì a mantenerlo per alcuni anni.
Pare che all'asta partecipò tutta la crema della città: d'Aurevilly racconta come un marchese e un barone si disputassero l'un l'altro un accessorio di scarso valore, o una marchesa e una contessa si bisticciassero un portasapone appartenuto a colui che regnava nei salotti londinesi più del principe stesso.
Il principe di Galles, divenuto Reggente con il nome di Giorgio IV
Quando ormai si stava avvicinando lo spettro della povertà e della prigione per debiti, venne provvidenzialmente salvato da Guglielmo IV, che lo nominò console a Caen.
Qui trascorse il resto della sua vita, lontano dagli agi e dal lusso cui era abituato. Malato di sifilide, nel 1837 venne internato nell'ospedale delle Figlie del Buon Salvatore di Caen, dove morì nel 1840 al termine di uno dei frequenti ricevimenti immaginari al quale aveva invitato tutta la nobiltà inglese.
Barbey d'Aurevilly ce ne lascia una splendida descrizione in George Brummell e il dandismo: "Poco tempo dopo Brummell divenne folle e, poichè il dandismo era penetrato in tutto il suo essere, anche la sua follia si tinse di dandismo [...]. Certi giorni, con grande stupore del personale dell'hotel, ordinava di preparare il suo appartamento come per una festa. Lampadari, candelabri, candele, fiori in gran quantità, non mancava niente e, nello scintillio di tutte queste luci, lui, nello splendido abbigliamento della sua giovinezza, con l'abito whig blu con i bottoni d'oro, il gilè di piquet e i pantaloni neri, aderenti come le calze del XVI secolo, in mezzo al salone, attendeva... Attendeva l'Inghilterra oramai morta! Improvvisamente come se si fosse sdoppiato, annunciava ad alta voce, il principe di Galles, poi lady Connyngham, poi lord Yarmouth e per finire tutti quei grandi personaggi di cui era stato la legge vivente e, credendo di vederli apparire man mano che li chiamava, cambiando voce andava a riceverli alla porta spalancata del salone vuoto dalla quale, ahimè! non sarebbe entrato nessuno [...]; offriva il braccio alle signore [...] . Questa scena durava a lungo... Infine, quando il salone si era riempito di questi fantasmi; quando tutta questa gente dell'altro mondo era arrivata, di colpo gli tornava anche la ragione e quell'infelice si rendeva conto del suo delirio e della sua demenza! Allora crollava, spossato, su una di quelle poltrone vuote e scoppiava in un pianto dirotto!"
La sua fama è dovuta alla particolare cura riservata ai dettagli nel vestire.
Il suo stile di abbigliamento -che per molti aspetti era uno stile di vita - era destinato a quel tempo a sembrare eccentrico, se non addirittura scandaloso.
In un'epoca, infatti, in cui dominavano ancora i colori più sgargianti e le stoffe di seta, in cui si usavano le parrucche e l'igiene era considerata poco virile, Brummel adottò invece il colore blu per gli abiti, lanciando definitivamente l'uso dei pantaloni lunghi a tubo e delle giacche da frac, eliminando per sempre brache al ginocchio, calze e giustacuore.
Prese poi a curare con particolare attenzione l'igiene intima, con generoso impiego di acqua e sapone, eliminando la parrucca incipriata e arrivando fino alla "bizzarria" di cambiare camicia ogni giorno.
Tutto questo si accompagnava a un modo raffinato di atteggiarsi, di muoversi e agire, il tutto coniugato con un'attitudine spiccata verso l'arte e la cultura in genere.
Il 5 novembre 2002 il Principe Michael di Kent ha inaugurato un monumento a Brummel in Jermyn Street, all'entrata delle Piccadilly Arcade.
Fonti:
- wikipedia;
- noveporte.
martedì 1 gennaio 2013
Soulless
Autrice: Gail Carriger
Sottotitolo: Un'avventura di Alexia Tarabotti
Titolo originale: Soulless - An Alexia Tarabotti novel
---
Soulless è un romanzo che mixa età vittoriana, ucronia, romance, vampiri, licantropi, un'eroina fuori dalle righe e un pizzico di steampunk, e fa in modo che il tutto funzioni.
Probabilmente ciò che mi ha colpito di più è stato il fatto che la storia è divertente -davvero-, soprattutto nelle prime cinquanta pagine.
La figura di Alexia non è proprio originale -e non è stata la mia preferita-, ma ha alcune delle caratteristiche più "di moda" al momento: è forte, anticonformista, intelligente e ficcanaso (ah, ed ha origini italiane, e non ho ancora capito perché nel romanzo ciò sia per tutti una sorta di irrimediabile disgrazia... quello che è certo, è che l'autrice -o comunque i suoi personaggi- siano convinti che tutti gli italiani abbiano ereditato il naso da Giulio Cesare...) . La Soulless del titolo è proprio lei, una "praeternaturale" senz'anima che, in quanto tale, ha il potere di far diventare "normali", cioè umani, gli essere soprannaturali solo toccandoli.
Per questi ultimi, che siano vampiri, licantropi o spettri, l'autrice crea una nuova mitologia: essi sono creature a cui è stato possibile trasformarsi perché in eccesso di anima, che si rifiuta di morire. Nell'Età del Buio essi non avevano ancora svelato la loro esistenza, ed erano costretti a vivere di notte, mentre il loro emergere dall'oscurità aveva dato il via alla rivoluzione del Rinascimento, per i vampiri Illuminismo. E, precedentemente, l'Impero Romano era stato così organizzato ed efficiente proprio grazie ai vampiri, alle cui leggi dei clan e dinamiche del branco si era poi ispirato il sistema feudale.
Probabilmente i "puristi" della mitologia vampirica arriccerebbero il naso nel leggere ciò, ma quello che rende simpatico e godibile il libro e la sua ucronia è il fatto che Soulless non si prende per nulla sul serio, e questo, moltissime volte, è un enorme pregio.
Non manca un evidentissimo richiamo a Jane Austen, una delle autrici che più ha ispirato la Carriger per sua stessa ammissione: tutta la famiglia della protagonista ci ricorda infatti i Bennet di Orgoglio e Pregiudizio, la mamma preoccupata del futuro delle figlie e "tormentata" dai suoi nervi (tanto che non ho potuto non immaginarla col volto di Alison Steadman, la Mrs. Bennet della trasposizione del 1995); due sorelle minori superficiali e rumorose, un padre per lo più indolente, ed una sorella maggiore -Alexia, appunto- del tutto diversa dal resto della famiglia, più moderna e probabilmente l'unica con un pò di cervello. Non manca l'amica del cuore molto molto simile a Charlotte Lucas, e l'attibuto di "passabile" per Alexia, uscito, però, in questo caso, dalla bocca della sua stessa madre.
I personaggi sono vari e ben costruiti -una menzione particolare allo splendido ed eccentrico vampiro Lord Akeldama, appassionato di moda rococò -; forse un pò esagerato l'inserimento nella storia della Regina Vittoria.
---
Trama: Nella Londra di fine Ottocento, uomini, vampiri e licantropi hanno imparato a convivere, ma questo non rende più facile la vita alla giovane Alexia Tarabotti. Infatti non ha un'anima (un bello svantaggio per una zitella in cerca di marito); suo padre è morto e, per aggiungere sfortuna alla sfortuna, era pure di origine italiana! Quando un vampiro l'aggredisce e lei lo uccide con il suo inseparabile parasole, le cose sembrano precipitare: la regina Vittoria in persona manda l'inquietante Lord Maccon (un lupo mannaro volgare e trasandato) a svolgere le indagini. Ma c'è dell'altro: la popolazione di vampiri di Londra inizia a essere misteriosamente decimata, e tutti sembrano ritenere Alexia colpevole. Chi vuole incastrarla? Riuscirà la ragazza a sfruttare a proprio vantaggio l'invulnerabilità ai poteri soprannaturali derivante dalla sua condizione di soulless, cioè di senz'anima? O i suoi guai non sono ancora finiti? Fondendo letteratura vittoriana, gotica e steampunk, Gail Carriger ha dato vita a un romanzo sempre in bilico tra ironia e suspense, ambientato in una Londra che non è mai stata così divertente e dove, nonostante tutto, è immancabile l'appuntamento per il tè delle cinque.
---
Giudizio personale: 4/5
Sottotitolo: Un'avventura di Alexia Tarabotti
Titolo originale: Soulless - An Alexia Tarabotti novel
---
Soulless è un romanzo che mixa età vittoriana, ucronia, romance, vampiri, licantropi, un'eroina fuori dalle righe e un pizzico di steampunk, e fa in modo che il tutto funzioni.
Probabilmente ciò che mi ha colpito di più è stato il fatto che la storia è divertente -davvero-, soprattutto nelle prime cinquanta pagine.
La figura di Alexia non è proprio originale -e non è stata la mia preferita-, ma ha alcune delle caratteristiche più "di moda" al momento: è forte, anticonformista, intelligente e ficcanaso (ah, ed ha origini italiane, e non ho ancora capito perché nel romanzo ciò sia per tutti una sorta di irrimediabile disgrazia... quello che è certo, è che l'autrice -o comunque i suoi personaggi- siano convinti che tutti gli italiani abbiano ereditato il naso da Giulio Cesare...) . La Soulless del titolo è proprio lei, una "praeternaturale" senz'anima che, in quanto tale, ha il potere di far diventare "normali", cioè umani, gli essere soprannaturali solo toccandoli.
Per questi ultimi, che siano vampiri, licantropi o spettri, l'autrice crea una nuova mitologia: essi sono creature a cui è stato possibile trasformarsi perché in eccesso di anima, che si rifiuta di morire. Nell'Età del Buio essi non avevano ancora svelato la loro esistenza, ed erano costretti a vivere di notte, mentre il loro emergere dall'oscurità aveva dato il via alla rivoluzione del Rinascimento, per i vampiri Illuminismo. E, precedentemente, l'Impero Romano era stato così organizzato ed efficiente proprio grazie ai vampiri, alle cui leggi dei clan e dinamiche del branco si era poi ispirato il sistema feudale.
Probabilmente i "puristi" della mitologia vampirica arriccerebbero il naso nel leggere ciò, ma quello che rende simpatico e godibile il libro e la sua ucronia è il fatto che Soulless non si prende per nulla sul serio, e questo, moltissime volte, è un enorme pregio.
Non manca un evidentissimo richiamo a Jane Austen, una delle autrici che più ha ispirato la Carriger per sua stessa ammissione: tutta la famiglia della protagonista ci ricorda infatti i Bennet di Orgoglio e Pregiudizio, la mamma preoccupata del futuro delle figlie e "tormentata" dai suoi nervi (tanto che non ho potuto non immaginarla col volto di Alison Steadman, la Mrs. Bennet della trasposizione del 1995); due sorelle minori superficiali e rumorose, un padre per lo più indolente, ed una sorella maggiore -Alexia, appunto- del tutto diversa dal resto della famiglia, più moderna e probabilmente l'unica con un pò di cervello. Non manca l'amica del cuore molto molto simile a Charlotte Lucas, e l'attibuto di "passabile" per Alexia, uscito, però, in questo caso, dalla bocca della sua stessa madre.
I personaggi sono vari e ben costruiti -una menzione particolare allo splendido ed eccentrico vampiro Lord Akeldama, appassionato di moda rococò -; forse un pò esagerato l'inserimento nella storia della Regina Vittoria.
---
Trama: Nella Londra di fine Ottocento, uomini, vampiri e licantropi hanno imparato a convivere, ma questo non rende più facile la vita alla giovane Alexia Tarabotti. Infatti non ha un'anima (un bello svantaggio per una zitella in cerca di marito); suo padre è morto e, per aggiungere sfortuna alla sfortuna, era pure di origine italiana! Quando un vampiro l'aggredisce e lei lo uccide con il suo inseparabile parasole, le cose sembrano precipitare: la regina Vittoria in persona manda l'inquietante Lord Maccon (un lupo mannaro volgare e trasandato) a svolgere le indagini. Ma c'è dell'altro: la popolazione di vampiri di Londra inizia a essere misteriosamente decimata, e tutti sembrano ritenere Alexia colpevole. Chi vuole incastrarla? Riuscirà la ragazza a sfruttare a proprio vantaggio l'invulnerabilità ai poteri soprannaturali derivante dalla sua condizione di soulless, cioè di senz'anima? O i suoi guai non sono ancora finiti? Fondendo letteratura vittoriana, gotica e steampunk, Gail Carriger ha dato vita a un romanzo sempre in bilico tra ironia e suspense, ambientato in una Londra che non è mai stata così divertente e dove, nonostante tutto, è immancabile l'appuntamento per il tè delle cinque.
---
Giudizio personale: 4/5
Iscriviti a:
Post (Atom)