Autrice: Alda Merini
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Diario di una diversa è il racconto dell'esperienza - terrificante - vissuta da Alda Merini in manicomio.
Benché alla fine del libro si legga che "il vero Diario non è mai stato scritto" e che "i fatti sono simbolici", credo che ciò che vi è raccontato - che sia successo o meno - incarni comunque quel che la poetessa ha vissuto e patito nella struttura, mentre alcune frasi lasciate senza seguito ed altre affermazioni che contraddicono quanto sopra mi fanno pensare che qualcosa di vero ci sia.
Ma non è questo ciò che importa. La cosa terribile è che episodi del genere siano davvero successi a migliaia di persone.
Mi aspettavo, nel leggere il Diario, di ritrovarvi rabbia, o rancore, invece tutto è raccontato con la massima semplicità e, direi, serenità, probabilmente perché cose così orribili non hanno bisogno di nient'altro per colpire la sensibilità altrui se non di se stesse.
In particolare, mi ha stupito che, in quella situazione, la scrittrice riuscisse ancora ad amare la vita, si aspettasse che qualcosa di bello le capitasse e avesse voglia ancora di amare e innamorarsi. Ritroviamo, tra elettroshock, torture e orribili condizioni di vita, tanto affetto e tanta umanità da parte di quelle persone bollate come "pazze". Mi ha colpito, riguardo a ciò, il fatto che la scrittrice racconti che molto spesso, nel manicomio, riceveva da qualcuna delle altre ricoverate un bacio della buonanotte, mentre fuori, tra i "sani", quel bacio non lo ha mai più ricevuto.
Si tratta di un libro molto breve, che si legge in fretta, ma densissimo di pathos. Commuove, stupisce, fa arrabbiare. Un viaggio nell'inferno raccontato da chi c'è stato.
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Quarta di copertina: " Di rado è stata più fermamente sperimentata la qualità empirea della parola impegnata nella ricognizione dell'inferno; la felicità di questo testo di Alda Merini non è altro che l'incontro con la perfezione del dolore; la salvezza è il battesimo verbale della disperazione ". Giorgio Manganelli
Un alternarsi di orrore e solitudine, di incapacità di comprendere e di essere compresi, in una narrazione che nonostante tutto è un inno alla vita e alla forza del "sentire". Alda Merini ripercorre il suo ricovero decennale in manicomio: il racconto della vita nella clinica psichiatrica, tra elettroshock e autentiche torture, libera lo sguardo della poetessa su questo inferno, come un'onda che alterna la lucidità all'incanto. Un diario senza traccia di sentimentalismo o di facili condanne, in cui emerge lo "sperdimento", ma anche la sicurezza di sé e delle proprie emozioni in una sorta di innocenza primaria che tutto osserva e trasforma, senza mai disconoscere la malattia, o la fatica del non sentire i ritmi e i bisogni altrui, in una riflessione che si fa poesia, negli interrogativi e nei dubbi che divengono rime a lacerare il torpore, l'abitudine, l'indifferenza e la paura del mondo che c'è "fuori".
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Giudizio personale: 3/5
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