giovedì 30 luglio 2015

La fine del mondo e il paese delle meraviglie

Autore: Aruki Murakami
Titolo originale: Sekai no Owari to Hado-boirudo Wandarando
Lingua: italiano

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La fine del mondo e il paese delle meraviglie è un romanzo del 1985, uno dei primi di Aruki Murakami, un altro esempio della sua capacità di creare mondi onirici, folli, complicati, eppure solidissimi e senza sbavature, in cui ogni evento o elemento si fa portatore di un messaggio.
Il titolo del libro indica proprio i due mondi in cui si muove il protagonista - non ci si impiega molto a capire che i due uomini sono in realtà la stessa persona -: l'uno, il paese delle meraviglie, è una Tokio futuristica  e violenta controllata dal "Sistema", in perenne lotta con la "Fabbrica" per il controllo di dati e informazioni, ma più probabilmente solo per il loro sfruttamento, mentre l'altro, la fine del mondo, è una città protetta da una muraglia i cui cittadini conducono una vita pacifica e tranquilla perché hanno rinunciato letteralmente al loro cuore e non provano più alcuna emozione.
Nonostante ciò, il primo mi è sembrato molto più claustrofobico del secondo, in cui, ad un certo punto, il protagonista riesce a portare un barlume di speranza.

La storia scorre su due binari paralleli, con i capitoli dedicati alternativamente all'uno o all'altro mondo, e a poco a poco riusciamo a scoprire come stanno davvero le cose e qual è l'ordine cronologico degli eventi.

I capitoli dedicati alla fine del mondo sono di sicuro i più interessanti, quelli in cui c'è più da scoprire e da capire, mentre quelli dedicati al paese delle meraviglie risultano spesso concettosi o troppo lunghi - mi sono annoiata molto durante la discesa del protagonista e della ragazza dal tailleur rosa nelle viscere della terra -. 
Della fine del mondo non ho apprezzato l'ombra parlante, che ho voluto comunque vedere come una sorta di coscienza. Il percorso del protagonista mi è invece piaciuto molto. Quando si trova ad un bivio fondamentale della sua esistenza, egli sceglie la vita anche al di là della vita, perdendo quella rigidità e limitatezza che lo avevano da sempre caratterizzato, e che avevano fatto sì che non vivesse mai un'esistenza piena o degna di nota. 
Anche il nome della città, la fine del mondo, è fortemente suggestivo: se può esistere un mondo in cui le persone non hanno più un cuore e non provano più niente, e le loro vite scorrono sì tranquille e pacifiche, ma grigie e piatte, allora non siamo di fronte al mondo, bensì alla fine del mondo. 

Il romanzo tocca diversi temi fondamentali, come le paure più inconsce ed ataviche, rappresentate dal sottosuolo e dalle strane e pericolose creature che vi abitano; l'inganno e il profitto ( il "Sistema" e la "Fabbrica", forse facce della stessa medaglia); il senso della perdita, più volte provato dal protagonista.
In particolare, è notevole come l'autore abbia descritto la reazione dell'uomo di fronte alla consapevolezza del termine della propria vita - o, almeno, della vita così come lui la conosce -. Quella vita, infatti, che fino a quel momento avrebbe definito con una scrollata di spalle, diventa improvvisamente qualcosa di preziosissimo a cui il protagonista si sente fortemente legato. Doverla perdere gli provoca una tristezza così profonda che non può prendere nemmeno la forma delle lacrime:

"E' una di quelle cose che non si può spiegare a nessuno, e anche se si potesse, nessuno la capirebbe. E' una tristezza che non può prendere forma, si accumula quietamente nel cuore come la neve in una notte senza vento. [...] La tristezza troppo profonda non può prendere la forma delle lacrime."

La fine del mondo e il paese delle meraviglie è un romanzo che ci catapulta in un universo in cui uno scienziato è capace di controllare i suoni fino ad eliminarli del tutto, o in cui esistono gli unicorni i cui teschi nascondono un tesoro preziosissimo, eppure la storia parla delle nostre paure più profonde, del senso della vita e dell'amore, delle scelte e di responsabilità. Risultando molto più attuale e reale di quanto possa sembrare ad una prima occhiata.

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Quarta di copertina: " E fu così che sprecai insensatamente, su una squallida sedia d'alluminio di una lavanderia a gettoni, parte delle ultime, preziose ore che mi restavano da vivere. Il mio orologio segnava le dodici e diciassette ".

In una piccola e spettrale città, che mura insormontabili separano dal resto del mondo, gli abitanti, privi di ombra e di sentimenti, vivono al riparo da qualunque emozione. Un nuovo arrivato ha il compito di leggere i vecchi sogni nel teschio degli unicorni, i soli animali del luogo, cogliendo frammenti di memorie e di un'altra vita o dimensione. Parallelamente, in una Tokyo futuribile e disumana, un uomo viene coinvolto da uno scienziato, geniale ma sconsiderato, in un esperimento a rischio della vita che lo porterà a calarsi nei sottosuoli della città, in lugubri voragini animate da creature mostruose e maligne, metafora delle paure che agitano le coscienze. 
Proprio nel buio fitto della mente si troverà la soluzione che lega i personaggi dei due mondi, in realtà l'uno il riflesso dell'altro. 
Sarà possibile lo scambio tra le due dimensioni? O il viaggio rimarrà senza ritorno? 

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Giudizio personale: 4/5

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