Autrice: Natascha Kampusch
Titolo originale: 3096
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Non posso dire di ricordare con esattezza la notizia del rapimento di Natascha Kampusch: i volti e i nomi delle bambine rapite negli anni '90 in Europa si confondono nella memoria, e solo alcuni ne emergono con chiarezza; ma ricordo la notizia della sua liberazione -o meglio, auto-liberazione-, avvenuta dopo ben otto anni e mezzo, il clamore, le interviste, le ipotesi.
Ebbene, dopo aver letto questo libro, in cui comunque l'autrice molto tace, è lecito dire che l'orrore di cui è capace un essere umano, e le sofferenze che può arrecare ad un suo simile -in questo caso una bambina di soli 10 anni-, superano qualsiasi immaginazione. E infatti ho corso molto per terminare 3096 giorni, perché volevo che lei riuscisse a scappare via, e a liberarsi dal suo incubo.
Non starò qui a riassumere fatti, maltrattamenti ed umiliazioni, non credo che lo scopo del libro fosse questo.
La storia che ci racconta Natascha Kampusch, infatti, ci dà modo di riflettere su molte questioni: sul fatto che nessuno sia del tutto buono o cattivo; sulla responsabilità che hanno la società e la famiglia nella creazione dei cosiddetti "mostri"; sul coraggio e la forza che possono avere i bambini; sulla reazione che ha il mondo nei confronti delle "vittime".
E' questo un argomento che lascia molto amaro in bocca: l'autrice, infatti, pone l'attenzione sul fatto che una persona che ha subito abusi riceve solidarietà ed affetto da chi non ha vissuto la sua esperienza, solo finché resta "vittima", se è ormai spezzata e può considerare distrutta la sua vita.
Ma se questa persona, invece, si mostra forte, desiderosa di andare avanti, di parlare di ciò che le è accaduto e cercare di comprenderlo, di trovare del buono in chi le ha fatto tanto male, allora viene abbandonata, disprezzata, a volte addirittura odiata, tacciata di essere preda della sindrome di Stoccolma.
Cosa può offrire allora la società a queste persone che hanno sofferto tanto, quale conforto, quale comprensione, se non accetta che gli stereotipi, e rifiuta qualsiasi accenno alla forza d'animo e alla speranza?
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Giudizio personale: 3/5
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